Daniela Lojarro, donna, cantante, scrittrice: intervista all’autrice del fantasy Fahryon

Bella, elegante, con una voce armoniosa e preparata, e autrice capace di catturare la curiosità dei suoi lettori: sono solo alcune delle qualità di Daniela Lojarro, cantante lirica nata a Torino che ha intrapreso una importante carriera internazionale sui più prestigiosi palcoscenici in Europa, negli U.S.A., in Sud Corea, in Sud Africa.

Tra i vario ruoli che ha interpretato ricordiamo Lucia di Lammermoor, Gilda in Rigoletto e Violetta in Traviata.

Ha inciso molti cd e oggi si dedica all’insegnamento del canto e alla musico-terapia come terapista in audio-fonologia, una rieducazione della voce e dell’ascolto rivolta ad adulti o bambini con difficoltà nello sviluppo della lingua oppure ad attori, cantanti, commentatori televisivi, insegnanti, manager per sviluppare le potenzialità vocali.
Ha iniziato con successo la sua carriera di scrittrice con «Fahryon» parte prima della saga «Il Suono Sacro di Arjiam», edito da GDS, e «Il Risveglio di Fahryon».

L’abbiamo incontrata e intervistata per i nostri lettori:

  • Come è nata la sua passione per la musica?

Posso dire di essere nata immersa nella musica: mia mamma è pianista e mio padre un appassionato del melodramma e di musica classica. Sono stata abituata a sentire musica, anche di altri generi, fin dalla più tenera età: mia mamma dava lezioni private di pianoforte, accompagnava cantanti sia professionisti che dilettanti e spesso preparava anche ragazzi/e per concorsi di canzoni. L’opera che all’età di 5 anni ha fatto scattare la molla del mio interesse è stata la Turandot di Giacomo Puccini (resa celebre poi da Luciano Pavarotti che chiudeva i suoi concerti con l’aria del tenore “Nessun dorma”): la favola della Principessa di gelo che sottoponeva i suoi ammiratori alle prove per poterla condurre all’altare mi rimase talmente impressa che, pur non sapendo ancora leggere né la musica né le parole correttamente, imparai il libretto e la musica a memoria. Fu ancora un’opera di G. Puccini a convincermi che il teatro d’Opera sarebbe stato il mio futuro: Tosca. Dopo quel primo spettacolo, cui assistetti a Torino con due interpreti d’eccezione Raina Kabaiwanska e Placido Domingo, comunicai ai miei genitori che volevo diventare cantante lirica. Trascorsero anni prima che potessi calcare le scene: la volontà o la musicalità non sono sufficienti ma a 15 anni ebbi conferma che avevo una voce con delle possibilità di sviluppo. Non è stato facile portare avanti il liceo classico, lo studio del pianoforte e del canto ma a 21 anni risultai la più giovane e promettente cantante del concorso di Voci Verdiani a Busseto. Dopo un anno di perfezionamento con il celebre tenore verdiano Carlo Bergonzi, a 22 anni debuttai nel ruolo di Gilda nel Rigoletto di Giuseppe Verdi. Il debutto in Gilda a Busseto è rimasto impresso in maniera indelebile nella mia memoria e in maniera profonda nel mio animo. Ricordo lo sguardo del M° Bergonzi e la sua mano sulla spalla in camerino poco prima dell’inizio della recita: un’occhiata e un gesto che per me furono come una sorta di “iniziazione”, come se, pur nella mia inesperienza e immaturità, fossi stata comunque accettata in una cerchia.

 

  • Ci può parlare del suo romanzo?

La saga s’intitola Il Suono Sacro di Arjiam – Fahryon, il primo episodio, Il Risveglio di Fahryon, il secondo episodio. La storia ruota attorno al Suono, alla giovane donna, Fahryon e si svolge nel mondo da me creato per ambientarvi la vicenda: Arjiam. Partiamo dal Suono. Non è facile né scrivere di un suono né, tanto meno, immaginarselo visivamente ma è l’elemento centrale che dà letteralmente la vita. Infatti, è un suono «Sacro»: non è musica creata dal genio umano bensì il Principio Creatore che origina l’Universo e lo anima con la sua energia e vibrazione. È il Suono che non è mai stato emesso quindi è. Per questo Suono, che precede qualsiasi parola articolata, determinata e legata a un concetto logico, mi sono ispirata a miti e tradizioni che appartengono all’alba dell’umanità: la tradizione egiziana legata al grido o risata creatore del dio Thot, quella cristiana del Vangelo di S. Giovanni; ma è stata fondamentale soprattutto quella vedica delle Upanishad.

«All’inizio c’era il nulla poiché tutto era ravvolto nella morte. Questa, desiderando un corpo, si mise a cantare: dalla sillaba mistica nacque il cosmo e dalle nozze del suono con il tempo scaturì la musica».

Questa immagine di continuità tra morte e vita, cioè il canto della morte è l’atto creativo da cui si sprigiona la vita, mi ha ispirato per sviluppare l’idea del Suono Sacro nel mio romanzo: un’Unità che concilia in Sé Morte e Vita, Suono e Silenzio, Luce e Oscurità. Nel fantasy oltre alla parte simbolica e allegorica, c’è una componente magica e soprannaturale. La magia nel mondo da me immaginato è legata, ovviamente, al Suono Sacro e si chiama Armonia. Esiste un ordine di iniziati, detti Magh, che studiano e praticano l’Armonia. Non tutti possono diventare Magh: bisogna portare a termine un cammino evolutivo interiore alla ricerca dell’equilibrio fra sentimento, pensiero e azione. Una volta raggiunto questo stato, l’iniziato può entrare in Armonia con la vibrazione del Suono Sacro e servirsene per guarire persone, spostarsi nello spazio o prevedere il futuro. L’uomo, però, è libero di scegliere come usare questa magia e alcuni Magh hanno sviluppato una forma deviata di magia: la Malia. Come indica il nome stesso, questa magia ammalia, stordisce. Lo scopo di chi pratica la Malia è di asservire le persone alla propria volontà, manipolandone la mente per conseguire un potere sempre maggiore. È una magia unicamente volta all’odio, alla distruzione, al potere sulla mente degli altri. Lo studio e la pratica della Malia furono proibiti dal mitico fondatore del regno di Arjiam ma, come sempre, qualcosa sfugge al controllo e ai divieti. Le avventure di Fahryon, l’eroina del romanzo, nascono proprio dalla lotta fra chi pratica l’Armonia e coloro che, desiderando il potere assoluto, si servono della Malia per poterlo conseguire. Fahryon è una giovane donna ma non una qualunque: è una neofita, cioè è un’aspirante Magh, studia per diventare un’iniziata ai Misteri del Suono Sacro e praticare l’Armonia. Passeggiando svagatamente per la città, la neofita s’imbatte in una donna in preda alle contrazioni del parto. Fahryon trascina la donna in una locanda dove la misteriosa partoriente, prima di morire, non solo le affida la neonata ma la metterà anche a parte di un terribile segreto: uno degli adepti della Malia vuole la bambina per impadronirsi del suo straordinario e unico potere magico e poter così controllare le vibrazioni del Suono Sacro e mutare a suo piacimento la legge che regola il ciclo della vita. Da quell’istante l’esistenza di Fahryon e di coloro che l’aiuteranno nel suo cammino sarà sconvolta da complotti di palazzo, esperienze mistiche, scontri magici e duelli con spade e pugnali, lunghi e perigliosi viaggi in terre lontane e incredibili spostamenti nel tempo e nello spazio. Fahryon, però, pur accettando con impetuosa e giovanile passione questa impresa, non l’affronta senza dubbi, incertezze o momenti di scoraggiamento: anzi, si sente sovrastata dal compito e non crede di avere le capacità per onorare il giuramento prestato. Non ho voluto assolutamente che Fahryon fosse una prescelta con un dono o un talento particolari. Al contrario, lotta accanitamente per raggiungere di volta in volta lo stadio superiore della sua iniziazione. Le prove iniziatiche le offrono il mezzo per confrontarsi con se stessa e diventare consapevole del suo ruolo in questa trama d’intrighi e di potere. Fahryon riesce così a uscire da una prospettiva cieca in cui l’Armonia è il Bene e la Malia è il Male. Nel momento cruciale dello scontro con l’avversario, Fahryon comprenderà che se non riuscirà ad accettare dentro di sé la Malia non sarà mai completa. La soluzione, infatti, non è nello scontro tra Armonia e Malia, ma nell’accogliere in sé le due parti, riunendole nel mistero dell’unità del Suono Sacro. Ho lasciato per ultimo il regno fantastico in cui ho ambientato la mia storia, anche se, in realtà, per descriverlo mi sono ispirata ai luoghi che amo e che mi hanno lasciato profonde impressioni o suscitato particolari emozioni: Arjiam. Arjiam è una terra percorsa da due grandi fiumi, un po’ come la Mesopotamia (Tigri ed Eufrate) o l’Egitto, che la rendono prosperosa. Le sue città sono ricche, affollate di mercanti, guerrieri, ladri, giocolieri, avventurieri, mendicanti, danzatori, pellegrini. I mercati sono colorati e chiassosi, con bancarelle straripanti di mercanzie che provengono da ogni parte del mondo. I palazzi delle nobili Famiglie del regno o delle Compagnie di mercanti, le terme e la cittadella reale sono ornati da colonne, patii, mosaici dorati, statue, affreschi e contornati da lussureggianti giardini con ruscelli e fontane. Un mondo, quindi, tipicamente mediterraneo o medio orientale che s’ispira idealmente alle descrizioni celebri e storiche di Bisanzio/Istanbul, Gerusalemme, Samarcanda, Venezia dei tempi d’oro della Repubblica o la Palermo normanna con la Zisa, le architetture moresche di Al Andalus o quelle persiane … Basta abbandonarsi alla magia della fantasia, dei ricordi e del Suono e ognuno può trovarvi un pezzo di sé.

Daniela Lojarro

  • Come è avvenuto il passaggio da cantante a scrittrice?

Non c’è stato un passaggio di consegne: considero l’attività di scrittrice una delle sfaccettature della mia personalità artistica. Scrivevo da bambina i testi delle storie che poi mettevo in scena con le mie amiche con tanto di costumi creati da noi. Ho continuato a scrivere mentre cantavo con un altro proposito: non ho mai amato la televisione e dopo le prove o le recite sentivo il bisogno di scaricare le impressioni, le emozioni o la tensione. Non si trattava di un diario: piuttosto di una forma di meditazione o terapia che si esprimeva in riflessioni o confessioni. Al momento della partenza per la seguente produzione, però, buttavo tutto e senza alcun rimpianto. La decisione, invece, di scrivere un racconto è nata una sera d’estate dopo la visita alla Galleria del Furlo, galleria scavata in epoca romana. La strada scorre a picco su una gola sinuosa attraversata da un torrente: al rientro in albergo, durante la notte ebbi una lunga sequenza di immagini fantastiche legate a quella Galleria: su alcuni fogli di carta da lettere trovati, per mia fortuna in un cassetto nella camera, buttai giù le idee guida per il racconto. Tornata a casa, iniziai a sviluppare le basi, i personaggi, il tipo di cultura e società: solo in quel momento, mi accorsi quanto le letture di quegli anni, dedicate alla cosmogonia, ai miti, all’esoterismo, alla simbologia, alla spiritualità, allo zoroastrismo, al sufismo, si fossero profondamente radicate nel mio animo. Scrivere ed editare è stata senza dubbio una delle più importanti esperienze della mia vita.

Daniela Lojarro

  • Che legame c’è tra lirica e amore per il fantasy?

Il fantasy classico e l’opera, inteso come Dramma in musica quindi Teatro, hanno in comune il medesimo “mondo immaginario”. L’immaginazione è una dimensione dove tutto può accadere e dove la logica del mondo reale non serve. Come un’importante tradizione ormai ci ha dimostrato, da G. Jung alla M. von Franz, ogni storia, ogni mito, ogni favola, anche la più assurda e lontana dalla realtà, tratta dell’umanità e dei suoi problemi universali, offre esempi di soluzione delle difficoltà in un linguaggio che arriva direttamente al di là di ogni barriera logica. Ci si può identificare nei personaggi, si può odiarli, si possono elaborare inquietudini, scaricare disagi e paure, combattere battaglie, trasmettere conoscenze, emozioni, spingere alla riflessione. Ho scelto la forma del romanzo fantasy perché offriva alla mia corda espressiva la possibilità di esprimersi al meglio: epicità e colpi di scena alternati a momenti di ripiegamento interiore, tensione emotiva e scavo psicologico… l’equivalente narrativo del Melodramma che è il mio ambito professionale.

Daniela Lojarro

  • Che legame trova tra musica e scrittura?

Al giorno d’oggi, siamo abituati a dividere e a frazionare fino all’estremo il sapere, specializzandoci in un ambito limitato. Se poniamo mente, invece, alla concezione di artista che, più o meno, fino al Rinascimento, si è avuta, scopriamo che i celebrati Leonardo da Vinci Francesco di Giorgio Martini, Giorgio Vasari, Vincenzo Galilei (solo per nominarne qualcuno) non erano esclusivamente pittori o scultori o architetti o musicisti ma spaziavano, appunto, in ambiti disparati. Perciò, non considero scrittura e musica come mondi distinti e separati; adottano segni diversi di trascrizione ma, in realtà, entrambi nascono dall’ascolto, dall’impulso e dal desiderio di comunicare/rsi. Comporre è cercare quell’accordo specifico fra le note e conferirgli quel colore che trasmetta all’ascoltatore il moto dell’animo del compositore. Parlando di “colore” delle note il pensiero corre alla tavolozza del pittore. Scrivere è cercare la parola, fra tutte quelle che usiamo abitualmente, capace di suscitare nel lettore la vibrazione legata all’emozione, come se la stesse vivendo o rivivendo. Si tratta di trovare l’accordo che fa vibrare, che mette in risonanza scrittore e lettore. E quindi ritorniamo alla musica. Il compositore Giuseppe Verdi, a proposito dei libretti delle sue opere, diceva di aver bisogno della “Parola scenica”, cioè di quell’unica parola capace di “scolpire” in modo netto la situazione. E come non pensare al lavoro dello scultore che estrae le forme dalle, invisibili per noi, linee della pietra? Questa parola, che è un suono che ci “scolpisce” con la sua vibrazione e suscita immagini ed emozioni, è composta da vocali e consonanti formate a loro volta da vibrazioni, le stesse che fanno vibrare le note di uno strumento o della voce umana.

Lojarro

  • C’è un autore o una corrente letteraria alla quale è particolarmente legata?

Non si può scrivere o cantare o dipingere o parlare senza prima esser stati “silenziosi” discepoli: quel silenzio, quell’ascolto che erano alla base già della formazione della scuola di Pitagora. Sono molti gli autori cui sono legata, che amo e il cui modo di scrivere ha lasciato in me un’impronta indelebile. Nell’ambito fantasy per me il modello è stata la scrittrice Marion Zimmer Bradley. Amo i romanzieri francesi dell’Ottocento, che ho letto in lingua originale, da Victor Hugo a Alexandre Dumas passando per Stendhal e Émile Zola. Adoro Robert Graves e la leggerezza con cui affronta e approfondisce anche temi complessi come i miti greci; oppure l’accuratezza linguistica e storica della coppia italiana di scrittori contemporanei Monaldi e Sorti. In ambito saggistico storico mi piace molto Giordano Bruno Guerri oppure Jacques LeGoff. Amo anche leggere i testi teatrali e declamarli internamente: è una passione che mi è nata soprattutto in relazione all’Opera lirica. Molti libretti, infatti, sono tratti da pezzi di teatro celebri: conoscere l’originale è stimolante anche per capire che cosa abbia attirato l’attenzione di un compositore o come sia diversa l’ottica di una vicenda a seconda della sensibilità dell’Autore o del Compositore o come sia cambiata la percezione rispetto a un personaggio storico, tipo Lucrezia Borgia, nel volgere del tempo.

  • Quale libro famoso avrebbe voluto scrivere lei?

Difficile rispondere! Ci sono dei titoli fondamentali nella nostra vita che ci accompagnano sempre ma a me capita che in cima alla lista dei più amati si alternino diversi titoli secondo il momento che sto vivendo. “Il mondo di ieri” di Stefan Zweig in questo periodo è sicuramente il primo della lista seguito da “Il sogno di Scipione” di Iain Pears e dalle “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar.

  • Quale è il rapporto con i suoi lettori?

Come cantante sono abituata all’incontro immediato con il pubblico: i melomani vengono in teatro ascoltano e, se la mia interpretazione li convince, soddisfa le loro aspettative, esplodono manifestando poi la loro approvazione o contrarietà. La tensione che si può instaurare tra palcoscenico e uditorio nel caso lo scambio di emozioni funzioni, è veramente qualcosa di irripetibile e diverso in ogni teatro e a ogni recita. L’attimo di sospensione, di silenzio e poi lo scoppio degli applausi di 2000 persone tutte insieme e che talvolta si alzano pure in piedi è semplicemente magico. Gli ammiratori arrivano addirittura a identificarmi con il personaggio che interpreto e non mi chiamano più con il mio nome bensì con quello dell’eroina che li ha fatti sognare. In teatro la responsabilità è diversa anche perché io ho il compito di restituire al pubblico un capolavoro creato da un compositore con la mia interpretazione; la tensione è altissima perché basta una goccia di saliva per traverso per rovinare una frase, un acuto oppure uno spiffero d’aria per prendersi mal di gola. Con il lettore il rapporto non è mai così immediato e viscerale. La lettura è un piacere che si assapora in solitudine e solo a posteriori il lettore ti scrive per esprimere, anche calorosamente, le emozioni suscitate dalla lettura. Io ho trovato sui social, soprattutto grazie Anobii e Facebook i miei primi lettori. Si sono aperte discussioni, che mai avrei immaginato possibili e un interesse che mai avrei supposto: chi si è innamorato di un personaggio detestando profondamente un altro, chi desiderava sapere se quel personaggio tanto affascinate fosse scomparso davvero per sempre o se ci fosse speranza di vederlo ricomparire di nuovo, chi voleva sapere se per creare i miei personaggi mi ero ispirata a persone vere, chi voleva sapere quale fosse il personaggio in cui mi rispecchiavo maggiormente, critiche positive ma anche negative che ho tenuto presenti per il prossimo romanzo. Con alcune persone ho instaurato un rapporto di stima e di amicizia: ci scriviamo regolarmente, informandoci perfino delle rispettive famiglie o dei progetti di lavoro/studio. Si è creata attorno al libro una rete di solidarietà di amicizia di stima di calore umano che mi ha sorretto e continua farlo di fronte alle difficoltà che incontriamo tutti noi per far conoscere il frutto della nostra fatica.

  • Il suo sogno nel cassetto?

Se mi si parla di cassetti, io non vi vedo sogni ma oggetti da riordinare, anti-tarme da spruzzare sui maglioni di lana, olio per lucidare il legno. Non amo parlare di sogni. Può sembrare strano detto da una scrittrice fantasy ma preferisco parlare di progetti: c’è un lato molto concreto e pratico nella mia indole. Ho in cantiere il terzo episodio della saga di Arjiam. Compaiono nuovi personaggi, la vicenda si svolge parallelamente in Arjiam e in Bahvjimaar: dopo aver introdotto i miei lettori al Mistero del Suono Sacro, ora li porterò alla scoperta dei misteri della Madre e degli intrighi del Gran Sacerdote del Signore delle Sfere di Luce. Insomma, incontri e scontri tra culture diverse, pesanti eredità – forse bugie o verità manipolate? – che vengono da un passato remoto e la pressante domanda: è possibile una convivenza nonostante le differenze? Nel primo episodio mi sono concentrata sulla difficoltà dei due giovani protagonisti a crescere, a uscire dal mondo perfetto in cui o tutto è bianco oppure tutto è nero portandoli a scoprire le sfumature della “verità” o di ciò che si crede sia giusto; nel secondo ho sviluppato il tema dell’amicizia e della lealtà rispetto alla guerra e alla politica e il tema, sotto le spoglie della magia, del potere della scienza e dei limiti dell’uomo; con il terzo episodio affronto il tema, sempre usando l’ambientazione fantastica, dello scontro fra civiltà che oggi stiamo vivendo in maniera così drammatica e traumatica. Per quanto riguarda il canto, ho dei concerti in programma sia in Italia che in Svizzera dedicati agli autori che più amo: Donizetti, Bellini, Verdi e Tosti.

  • Da bambina sognava di diventare?

Sempre voluto essere cantante lirica oppure turista. Cantare, però, mi ha permesso di soddisfare la mia curiosità di incontrare culture diverse e lontane e di vivere in maniera più profonda che non da semplice turista l’incontro con altri mondi. Avevo immaginato a un certo momento di dedicarmi anche all’insegnamento, attività che svolgo ma integrata con la formazione in audio fonologia.

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Per saperne di più:

“Il risveglio di Fahryon – Il suono sacro di Arjiam”, la seconda parte del romanzo di Daniela Lojarro

“Fahryon, il suono sacro di Arjiam”, il romanzo di Daniela Lojarro

Su Youtube: “Il Suono Sacro di Arjiam”, la saga fantasy di Daniela Lojarro

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