La rubrica della dott.ssa Milena Giacobbe

I consigli della psicologa dell’età evolutiva
ESSERE SE STESSI
Questa settimana propongo a genitori ed insegnanti una riflessione che spero sia di aiuto ogni qual volta bisogna prendere decisioni che esulano la routine.
Partiamo da alcune  definizioni. 

NORMALE:   che è di norma, cioè corrisponde alla norma; è solito o abituale o si comporta “come i più”, non alterato
NORMA: 1 precetto, regola che prescrive una condotta da tenere – 2 consuetudine, abitudine
Normalità e consuetudine quindi possono essere considerati concetti affini, perchè si rifanno a valori e/o comportamenti che sono socialmente accettati ed “utilizzati”, a patto che non diventino precetti da seguire ciecamente! 

Quindi solitamente un bambino è considerato “normale” quando si diverte a scuola imparando ciò che gli viene proposto, ma se questo non avviene,  il bambino è considerato  “non normale” (non corrispondente alla norma),  problematico  e dovrebbe indurre gli adulti a porsi delle domande per fare in modo che questa situazione si modifichi. Purtroppo in molti casi modificare la situazione sembra sinonimo di tentare di far rientrare il bambino nella normalità, cercando all’esterno ciò che gli impedisce di trarre gratificazione da ciò che invece la da alla maggior parte dei suoi coetanei. Pochi adulti si chiedono di cosa ha bisogno il bambino per trarre gratificazione  da ciò che fa e, in seconda battuta, come riuscire ad offrirgli ciò di cui ha bisogno. La difficoltà sta nell’individuare ciò di cui realmente ha bisogno un bambino, partendo dal presupposto che non sempre ciò che viene chiesto corrisponde a ciò di cui ha bisogno, non fosse altro perché il modo di esprimersi di adulti e bambini è a volte molto differente. Ricordate “Il Piccolo Principe”? Nessuno riesce a vedere l’elefante nel boa da lui disegnato e quando il bambino lo spiega con un ulteriore disegno, gli adulti non lo considerano, ritenendo di sapere cosa è meglio per lui e dove indirizzarlo (gli dicono infatti di lasciar perdere i boa e di applicarsi alla geografia, storia, aritmetica e grammatica) … Il Piccolo Principe si adegua, considerando amaramente che “ I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta”
Il successivo problema, una volta rilevato il bisogno, è come fornire al bambino ciò che richiede, senza  discriminare gli altri. Io ritengo che questo sia un falso problema e che invece la corretta gestione di ogni necessità all’interno di un gruppo aiuterebbe i bambini a crescere rispettando se stessi, gli altri e le diversità di cui ognuno è portatore.  Tento di spiegarmi attraverso un banale esempio: se Andrea porta gli occhiali per vedere alla lavagna, nessuno gli obietterà di essere favorito,  ma lo stesso dovrebbe avvenire se Sara ha la necessità di ricevere una spiegazione ulteriore per riuscire a lavorare perchè   ha un lieve ritardo cognitivo o se a Marco è permesso usare la penna invece della matita perché lui ha già sviluppato un controllo motorio sufficiente per il suo utilizzo. Le parole chiave diventano allora RISPETTO e CONSIDERAZIONE. Quello da me proposto è un cambio di prospettiva, che non significa insegnare a ciascuno a pensare solo a se stesso: ma ad imparare che ciascuno è diverso, che questa è una risorsa e che è necessario aspettare “il proprio turno”, nel rispetto dei compagni.  La gratificazione nel ricevere ciò che ha bisogno  aiuterà ogni bambino a superare la frustrazione per non averlo avuto subito e il risultato finale conquistato dalla squadra/gruppo ne dovrebbe essere la conferma. Ecco perché lo sport vissuto in un certo modo può essere di aiuto per una crescita sana.  
E nell’era dei videogiochi, dei computer e delle comunicazioni “virtuali” questo approccio può essere veramente rivoluzionario …
Dott.ssa Milena Giacobbe
Psicologa dell’età evolutiva
Viale Dante, 20 Novara
Cel. 348.3173462

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