i campi, i prati, i monti sorvola,
il giorno passa; la sera scende
il Gran Teatro apre le tende.
Accorono bimbi, soldati e donnette
per applaudire alle marionette
e vanno alle stelle le risate
che Pulcinella, primo attore,
prende e regala con grande ardore.
La commedia è giunta al terz’atto
con Pulcinella sempre più matto,
perchè Arlecchino, testa fina,
gli ha rubato Colombina.
A un tratto s’ode un cinguettio
– Pulcinella amico mio!
Pulcinella, stammi a sentire:
sono venuto per farvi fuggire!
– Il nostro merlo! – Scappa di qua
o Malvasia ti acchiapperà!
In quel momento don Fernando
un barilotto stava vuotando,
sente il suo nome, si arrabbia,
s’affaccia, pesta i piedi, grida, minaccia:
– Questa battuta non era in programma!
Voi rovinate il mio bel dramma.
Sapete bene che io non permetto
che si reciti a soggetto!
– Questa scena è una novità.
Si chiama: Viva la libertà!
E il Merlo, col becco – uno – due – tre
tagliò i fili a tutti e tre.
– Presto, amici, filate via
e tanti saluti a don Malvasia!
Arlecchino e Colombina
se la svignano in sordina,
ma Pulcinella, prima, il bastone
restituì… in testa al padrone.
Poi sgusciando tra bimbi e nonnette
si misero in salvo le tre marionette.
Sei gambe di legno chi le ripiglia…
Stavolta filano a meraviglia…
Dove vanno? Ma questo si sa:
van nel paese della Libertà,
una terra felice e onesta
dove nessuno ha un filo in testa.
una terra senza padroni
nè brutti nè buoni.
Questa terra, ancora non c’è,
la faremo io e te!