Presentato a Novara il romanzo”Primavera a Varsavia” di Carlo Trotta

 

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Cari lettori, oggi vi presentiamo un libro molto interessante presentato nei giorni scorsi alla Biblioteca Civica Negroni di Novara.

Si tratta del romanzo “Primavera a Varsavia” di Carlo Trotta, autore di Manfredonia: uno scritto molto profondo e interessante che fa riflettere su molti aspetti storici ed esistenziali.

“Essere Ebreo nella Varsavia nazista comporta sicuramente un peggioramento della propria condizione di vita rispetto all’apparente tranquillità della pace polacca, soprattutto se la propaganda hitleriana da subito lo dipinge come la causa di tutti i mali di questa società decadente. Tuttavia a torturare ancor più la precaria esistenza dell’Ebreo può contribuire anche il peso di quelle drammatiche scelte che la vita, oppure, secondo qualcuno, la stessa complicata e misteriosa Storia, impone come il giusto e severo pedaggio da saldare lungo il penoso transito su questa Terra.

Scelte che, alla fine, possono diventare il marchio inciso a fuoco nel cuore e sul corpo di chi della vita aveva, fino a quel momento, una visione del tutto naturale, lontana da quelle problematiche complesse che da sempre caratterizzano invece l’umanità tormentata.

Essere Uomo nella Varsavia oltraggiata e ghettizzata implica, inoltre, il dover fare i conti con la propria anima selvatica e primitiva che si annida e si nasconde dentro la ragionevolezza folle di chi spera di tramutare una bestia feroce e affamata in un lupo, pur sempre una bestia, ma ammaestrato e rispettoso di una parvenza di dignità.

Cosa può succedere a quest’anima spensierata e gioiosa l’essere catapultata nell’inferno umano senza un’ apparente possibilità di uscirne fuori se non a prezzo di indicibili compromessi?

Cosa può ancora succedere a questo relitto alla deriva se nel mare in tempesta rimane pur sempre uno spiraglio, un faro, una luce ad indicargli il sentiero, la rotta, stretta e perigliosa, di un’effimera salvezza?

E questa salvezza attraverso quali tragedie deve farsi strada se tutto ciò impone di dover barattare questa lontana, fumosa ed ipotetica speranza con l’immediato e concreto degrado morale della corruzione e della violenza?

Basta veramente, poi, un semplice “si” a garantire sicurezza e vita a chi nel fuoco disperato della guerra ha perso l’unica vista dei suoi occhi, rimanendo così aggrappato ad un sogno che lo perseguiterà all’infinito, fino all’ultimo dei suoi incubi?

Nella segregazione nazista, anticamera allo sterminio di massa, si può ancora salvare il proprio onore di Uomo indossando uno dei tanti simboli di quella vergogna?

In quella prigione a cielo aperto ma con le porte rigidamente sigillate, il preambolo alla morte dei corpi, si può ancora pensare di salvare la propria anima semplicemente conservando una traccia flebile di memoria ordinando e sparpagliando ricordi lontani e amari del passato con le innumerevoli e concrete crudeltà del presente.

Poliziotto in una prigione ecco la posta in gioco, una gabbia tutta costruita per lui, dove lui stesso risulta alla fine uno dei tanti anonimi reclusi, ecco il paradossale e tragico destino di questo giovane polacco, ebreo, che con il suo assenso decide di prestarsi ad un drammatico ruolo in questa dolorosa scena, quella di diventare un perfetto ed efficiente aguzzino nel meccanismo perverso di spoliazione umana organizzato scientificamente nel ghetto.

Uno strano tutore di quella legge che viola le regole più elementari della dignità umana, circola ora per le vie affollate di quel rivolo umano, in cambio di un’illusione assurda per chi non conosce le regole del gioco nazista ma altrettanto crudele per chi vuole mercanteggiare la propria salvezza con quella di migliaia di infelici, cavie destinate al sacrificio sublime.

Una strana divisa, ornamento primitivo e barbaro che contrasta con lo spirito eternamente folle del giovane Calel, ora si aggira tra cadaveri veri e ambulanti, in esposizione tra topaie e lussuosi locali, alla ricerca di un  spirito altrettanto ribelle, pari alla sua follia, che gli possa rinfocolare la voglia di vita, il desiderio di una chioma bionda da sfiorare, la voglia pazza di baciare le labbra rosee del suo unico cielo.

Ora quella sua coscienza maltrattata da rimorsi indelebili deve confrontarsi non solo sulla carta vecchia ed ingiallita di uno squallido quaderno ma deve fare i conti con quello che lui sempre avrebbe voluto essere, essere amato per quello che avrebbe potuto dare, rispettato forse per ciò che avrebbe dovuto dare. Ed è una piccola e insignificante fuorilegge, una giovinetta scaltra però dal cuore immenso a riaccendere il lume, in verità mai del tutto spento, del rispetto per la sua persona.

Dalla propria famiglia all’ultima delle sconosciute, passando poi per i compagni di sventura, giungono segni inequivocabili di questa lotta interiore, una guerra fratricida con il proprio io, una guerra civile contro il mondo intero, continuare ad attaccarsi ad un sogno divenuto ormai sempre più irrealizzabile e dare anche il proprio assenso al sacrificio della propria carne per poi vedere, alla fine, emergere, forse, la vera natura dell’esistenza umana, di chi non riesce a vivere la propria vita… Ma chi non è perseguitato non può dirsi ebreo…

Carlo Trotta  “

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Carlo Trotta durante la presentazione del libro a Novara

L’AUTORE:

Carlo Trotta, poco più che cinquantenne, nato per caso a Manfredonia, a volte pellegrino ma più spesso esploratore, alimenta il proprio cammino di vita con situazioni disparate, dall’esperienza dell’emigrazione fisica, dalla quale ha attinto le basi per la formazione civile e culturale, alla consapevolezza del cambiamento interiore come segno dell’umanità. La continua ricerca di sé stesso lo ha portato a riscoprirsi in tanti lavori, dalla consulenza fiscale alla Polizia di Stato infine alla Cattedra scolastica, occasioni che tuttavia hanno arricchito la propria personalità.

Come insegnante ha realizzato ora il sogno infantile di trasmettere la vita alle generazioni future, con la scrittura consegnare invece alla loro memoria ciò che deve rimanere sigillato nei loro cuori.

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