Psicologia: BUONANOTTE!

I consigli della psicologa dell’età evolutiva,  dott.ssa Milena Giacobbe
Il sonno è un momento importante della vita di ciascuno, adulto o bambino. Per l’adulto rappresenta sicuramente il momento in cui finalmente riposa e si ricarica per affrontare al meglio la giornata successiva. Ai bambini un sonno sereno serve anche per crescere meglio. Le ore di sonno di cui ciascun individuo necessita sono variabili a seconda delle caratteristiche di ciascuno, ma in generale si può dire che un neonato ha bisogno di dormire circa 20 ore al giorno che scendono a 15 verso l’anno di età, per diventare 12/14 dai due ai quattro anni e 12 dai cinque ai dieci. Dopo i dieci anni, circa 10 ore sono più che sufficienti.

Il momento dell’abbandono al sonno riveste però per i piccoli un significato particolare, che spiega in parte le difficoltà legate a questo momento e che tutti i genitori, prima o poi, incontrano. Se per un adulto è scontato che durante il sonno non sopravvengono eventi che cambiano in maniera radicale il corso della vita, per il bambino addormentarsi senza la paura che tutto quello che “lascia” oggi lo ritroverà intatto il giorno successivo non è così automatico. Inoltre teme di perdere l’adulto di riferimento e la difficoltà ad addormentarsi è anche la manifestazione della paura che questo abbandono diventi reale e che al suo risveglio non lo ritroverà più.

Molti sono i metodi che si possono attuare per aiutare i bambini a vivere serenamente questo momento, l’importante è insegnare al bambino a dormire cercando di non farsi sopraffare dalla stanchezza e dallo sconforto e, soprattutto, scegliendo il modo che risulta a ciascun genitore più convincente .
Ecco alcuni consigli generali. È importante ritualizzare il momento dell’addormentamento. Il “rito” è semplicemente la ripetizione di comportamenti/azioni che hanno lo scopo di tranquillizzare il bambino e di accompagnarlo al momento del sonno. “Se la sera prima di addormentarmi bevo un bicchiere di acqua, mamma mi legge una storia, papà mi rimbocca le coperte e non mi succede nulla durante la notte e domani ritrovo tutto ….. sarà meglio farlo tutto le sere!” potrebbe proprio essere il pensiero di un bambino prima di andare a dormire. È importante, poi, mantenere lo stesso orario per la nanna ed evitare tutti quei giochi o quelle situazioni che invece di tenere tranquillo il bambino, lo agitano. A poco a poco il rito perderà di valore, perché il piccolo acquisirà sicurezza in se stesso e non avrà bisogno di “agganci esterni”. Anche il “pisolino” pomeridiano può essere utile: i piccoli si rifiutano di dormire non perché non hanno sonno, ma, come ho già scritto, perché il momento dell’addormentamento presenta delle difficoltà che diventano però ancora più difficili da affrontare se si è stanchi e nervosi.
Tutto ciò purtroppo non servire ad evitare il pianto. Il pianto va accettato e gestito: tenere la mano al bambino, tranquillizzarlo e rimanere con lui finché si sarà addormentato può essere un buon metodo. L’importante è che il bambino sia consapevole che, una volta addormentato, la mamma o il papà lo lasceranno da solo nella sua cameretta.
Una soluzione adottata da molti genitori è ospitare il piccolo nel lettone finché non si sentirà in grado di stare nel suo lettino. Indubbiamente la vicinanza fisica è rassicurante sia per i bambini che per i genitori, ma dormire con un bambino altera negativamente la qualità del sonno e interferisce con l’intimità della coppia. Insegnare ai bambini a dormire nel proprio letto significa inoltre trasmettere loro il messaggio che sono grandi, capaci di affrontare le paure o la solitudine e che ciascuno ha i propri spazi, ed è giusto rispettarli vicendevolmente. Dormire con i bambini invece, rischia di trasmettere il messaggio opposto, cioè che non possono essere autonomi e che la presenza fisica dei genitori è determinante per superare le difficoltà, mentre i bambini hanno bisogno di sapere che anche a chilometri di distanza mamma e papà possono accorrere e lo faranno sempre in caso di bisogno. Questo vale anche in caso di risvegli notturni magari dovuti a brutti sogni: il bambino andrebbe rassicurato e, una volta tranquillizzato, riaccompagnato a riposare nel suo lettino. Questo non significa che in occasioni particolari il lettone non possa diventare un momento particolare per leggere una storia, giocare o raccontarsi la giornata ….
Tutto questo va calato nelle abitudini di ciascuna famiglia e non va assolutamente eseguito con rigidità poiché l’inflessibilità del comportamento annulla per esempio la variabilità di significato che il pianto può avere. Il pianto dei bambini non è quasi mai capriccio o sfida, ma l’espressione di un disagio che bisogna insegnargli ad affrontare e gestire. Se dopo un quarto d’ora di pianto il bambino si addormenta è perché è sfinito e non perché può addormentarsi da solo senza ansia.
Una buona abitudine è comunque trasformare anche la buonanotte in un momento amorevole di grande affettività che passa da un caldo abbraccio, un forte bacio e un tenero “Sogni d’oro” …
Dott.ssa Milena Giacobbe
Psicologa dell’età evolutiva
Viale Dante, 20 Novara

Cel. 348.3173462

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