Psicologia: CARO PAPA’

I consigli della psicologa dell’età evolutiva, dott.ssa Milena Giacobbe
“Festa del papà” : mi ritrovo a pensare alla figura di mio papà, e in questi anni durante i quali grazie alla mia professione ho visto  tanti padri che mi hanno portato le loro problematiche e i loro interrogativi di genitori, ho capito di doverlo ringraziare, perché nonostante tutti gli errori che può aver commesso, mi ha insegnato a provare e sperimentare e a non arrendermi mai, perché lui sarebbe rimasto sempre lì accanto me qualsiasi cosa io facessi. Non me lo ha mai detto, ma lo ha fatto e per capirlo ci sono voluti molti anni … 

Essere padre, essere genitore non è facile. Ogni genitore porta in se copioni appresi dai propri genitori e spesso inconsciamente si ripetono comportamenti che magari osservati obiettivamente, potrebbero anche non piacere. Come fare allora per essere un buon padre? 

Innanzitutto una riflessione: il ruolo all’interno di una famiglia è importantissimo ed esso non deve mai venire meno in nessun caso: possono cambiare abitudini, circostante di vita, comportamenti, ma l’essenza della relazione tra un padre e un figlio non dovrebbe mai cambiare. Non mi riferisco al legame “di sangue” che per alcuni è basilare, ma a ciò che un padre dovrebbe rappresentare per un figlio. A partire dal momento in cui i bambini si aprono completamente al mondo e per loro iniziano ad essere fondamentali anche le relazioni diverse da quella esclusiva con la mamma, il papà diventa una sorta di super – eroe a cui tutto è possibile e in cui riporre la massima fiducia, almeno fino all’adolescenza quando i ragazzi compiono una analisi a volte spietata dei propri genitori, che serve a loro per conquistare la completa autonomia e diventare adulti. Il ruolo di papà  è fondamentale: lui è deputato ad aiutare il figlio ad entrare nel mondo e ad affrontarne i pericoli. Aiutare non vuol dire sostituirsi al figlio e indirizzarlo con consigli che spesso diventano imposizioni , ma affiancarlo nella sua voglia di esplorare e sperimentare, permettendogli di cadere per poi aiutarlo a rialzarsi senza giudicare la sua caduta.  Permettetemi un banale esempio: è papà che sorregge la bicicletta senza rotelle del figlio e poi lo lascia andare, è sempre lui che corre a rimetterlo in piedi alla prima caduta e che lo aspetta per riprovarci dopo che la mamma ha messo il cerotto sul graffio provocato dalla caduta e che gli asciugato le lacrime . Certo non tutto è così semplice come andare in bicicletta, ma ciò di cui hanno bisogno i bambini è il percepire che i genitori hanno nei loro confronti la stessa fiducia che i bambini ripongono in loro. La quotidianità e la sua frenesia spesso invece induce i genitori a sostituirsi ai bambini con la lodevole motivazione di evitare loro frustrazioni e insuccessi, ma non permettendo loro di fare, gli suggeriscono invece, in maniera del tutto inconscia, che non sono in grado di fare. Invece sarebbe bene suggerirgli che si possono affrontare sia i successi che gli insuccessi.
 Una ulteriore riflessione che vorrei proporre è quella della figura del padre amico. Avere un dialogo costruttivo con i figli, soprattutto in adolescenza, è molto positivo, ma la figura dell’amico non può essere sovrapposta a quella del padre. Con l’amico, in adolescenza,  si mettono alla prova se stessi, i limiti  e le regole che la famiglia di origine ha trasmesso, per scoprire se stessi e quanto valgono e come fare propri gli insegnamenti ricevuti. Il ruolo di papà rimane quello di autorità che detta le regole e che capisce la difficoltà del figlio a rispettarle, ma non le stravolge, al massimo è disposto a rinegoziarle, ma non a infrangerle. 
I papà hanno una grande responsabilità: insegnare, ciascuno con il proprio “stile” che nella vita si può affrontare tutto, sentimenti ed emozioni comprese. L’importante è non negare e non aver paura di scoprire e far scoprire ai propri figli che esistono anche risvolti negativi, difficoltà, fragilità ed errori: l’importante è essere l’esempio concreto che si può sempre ripartire ed essere migliori. 
La risposta alla domanda iniziale  “Come fare per essere un bravo papà?” potrebbe allora essere “Accettare le sfide che la vita offre!”, sapendo che alcune saranno vinte ed altre no, ma che per lo meno nessun tentativo sarà stato tralasciato.
Un augurio finale: che tutti i papà possano avere la possibilità di dire ai propri figli “Ti voglio bene”, senza aspettarsi nulla in cambio, soprattutto quando è difficile o sembra impossibile dirlo o ancora il proprio figlio sembra non volerci credere e nemmeno sentirlo, quando vi sembra di aver fatto troppi errori o quando vi sembra che qualcosa o qualcuno vi impedisca di essere padri . Non stancatevi mai di ripeterlo e di dimostrare che è vero: un giorno vostro figlio capirà e questo gli servirà per essere a sua volta un bravo genitore …
Dott.ssa Milena Giacobbe
Psicologa dell’età evolutiva
Viale Dante, 20 Novara
Cel. 348.3173462

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