Psicologia: la rubrica di Milena Giacobbe

I consigli della psicologa dell’età evolutiva
ANCORA BULLISMO?
 
 
Con la ripresa delle attività scolastiche ritorna il fenomeno del “bullismo” e spesso i genitori si trovano a fare i conti con racconti di vessazioni più o meno gravi subite dai figli. Che fare, allora?


Innanzitutto un po’ di chiarezza: il termine “bullismo” non definisce la condizione di chi è prepotente e si mette in mostra tramite il suo modo di comportarsi e/o vestirsi, ma è un complesso comportamento di chi usa la propria forza fisica o psicologica per spaventare o danneggiare una persona ritenuta debole. In primo piano c’è la quindi particolare relazione asimmetrica che si instaura tra la “vittima” ed il “bullo”. Inoltre si può distinguere tra bullismo diretto– fisico e verbale – (quindi il picchiare, deridere, derubare, insultare, …) ed il bullismo indiretto (quindi il pettegolezzo, l’isolamento sociale, …). Tali comportamenti hanno delle caratteristiche particolari: il bullo è gratificato dal potere che esercita sulla vittima, ha l’intenzione di fare del male, le sue prepotenze si protraggono nel tempo e sono “pesanti”, e,spesso, se non aiutato, inizia così la sua escalation delinquenziale.



La vittima, invece, si sente isolata ,senza aiuto e incapace di reagire; per questo la sua autostima decade, c’è un disinvestimento parziale o totale della scuola e la possibilità di mettere in atto comportamenti aggressivi.

Entrambi gli attori di questo meccanismo vanno sicuramente aiutati.

Gli atteggiamenti tipici del bullo sono probabilmente il frutto di una scarsa capacità di provare empatia, cioè comprendere e condividere gli stati emotivi degli altri, e l’utilizzo di meccanismi psicologici che portano a legittimare comportamenti in netto contrasto con i comuni convincimenti morali (per esempio ritenere che picchiare i più deboli sia giusto perché lo fanno tutti, o il fare un’azione violenta convinti che sia “a fin di bene”). Tutto ciò può però portare a disturbi quali dipendenza da droghe o alcol, comportamenti devianti e delinquenziali …

D’altra parte le vittime dei bulli probabilmente hanno scarse abilità sociali e interagiscono con i pari in modo spesso inadeguato, il che può suscitare aggressività in soggetti con le caratteristiche sopra elencate(anche se, ovviamente, non la legittima). Anche ansietà ed insicurezza possono essere tratti che stimolano l’altrui aggressività.

Infine il gruppo ed il sostegno che esso nega o concede, influiscono enormemente sul fenomeno. Il bisogno di “sentirsi parte” di un gruppo, l’essere accettati, accolti e, in un certo senso, valorizzati, spesso dona al gruppo stesso una forza difficile da contrastare.

Se il proprio figlio è vittima di un bullo, che fare?

Il dialogo, innanzitutto, dovrebbe essere il veicolo attraverso cui conoscere ed aiutare il bambino a riflettere sull’accaduto per cercare delle soluzioni. I bambini hanno bisogno di essere creduti ed ascoltati liberamente, senza temere giudizi. La fiducia nei genitori e nelle soluzioni trovate insieme a loro li aiuterà a recuperare il controllo della situazione e la fiducia in se stessi. Migliorare l’autostima li aiuterà ad essere più autonomi e a rapportarsi in maniera più adeguata ai pari. Spiegare, poi, che denunciare episodi di bullismo (subiti o visti) non significa fare la spia, ma può voler dire aiutare chi è in difficoltà, è certamente un grande insegnamento. La punizione del bullo può essere una soluzione utile a breve termine, ma non aiuterà la vittima a riacquistare fiducia in se stesso e il bullo a cambiare atteggiamento.

La collaborazione con la scuola è determinante. Ogni bambino infatti ha il diritto non solo a ricevere un’istruzione adeguata, ma anche a vivere bene a scuola e a sentirsi se non protetto, per lo meno sicuro all’interno delle pareti scolastiche. Il bullismo invece fa si che la scuola sia il luogo ove si sperimenta paura, pericolo, incertezza, persecuzione o, d’altra parte, aggressività e potere autoritario e violento. La prevenzione, allora, diventa lo strumento principale per diffondere un’educazione che rifugge la violenza e non la tollera e diventa il mezzo per promuovere collaborazione tra docenti, alunni, famiglie e corpo non docente. Infatti, intervenire sul singolo episodio farà solo in modo che il bullo, presto o tardi, cambi vittima: solo interventi mirati e strutturati faranno crescere il gruppo classe nel dialogo e nella consapevolezza delle proprie risorse e argineranno per sempre il problema. Ben vengano per esempio corsi di educazione affettiva: è vero che i sentimenti non si insegnano, ma, forse, è bene imparare a riconoscerli e a gestirli. Alcune volte è più utile “perdere” un’ora di lezione, ma contribuire a rendere gli alunni dei bambini sereni oggi e degli adulti consapevoli domani ….

Dott.ssa Milena Giacobbe

Psicologa dell’età evolutiva

Viale Dante, 20 Novara

Cel. 348.3173462

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