Psicologia: MAMME CHE AMANO TROPPO?

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Psicologia: MAMME CHE AMANO TROPPO?

I consigli della psicologa dell’età evolutiva, dott.ssa Milena Giacobbe

È possibile amare troppo i figli? Quando l’amore porta a gesti ed atteggiamenti estremi che agli occhi dei più non si possono più nemmeno catalogare con l’etichetta di “gesti amorosi”? Troppe volte la cronaca divulga storie di mamme che arrivano al gesto estremo dell’uccisione del figlio, spiegandosi  con un “dovevo farlo” “l’ho fatto per il suo bene”.

Il legame che unisce una madre ad un figlio è molto complesso. Inizialmente è un legame fusionale: durante la gravidanza mamma e figlio sono un tutt’uno, quello che sente uno è parte dell’altra. Alla nascita poi la relazione è di quasi completa dipendenza e alle mamme spesso capita di pensare al figlio come un naturale prolungamento di se stesso. Se questa situazione non  si modifica con la crescita del piccolo, il rischio è che il bambino non trovi al suo fianco un genitore, ma un adulto che più o meno inconsapevolmente  fa vivere al figlio una proiezione della propria vita.

Nei casi estremi si arriva ad una sorta di onnipotenza, per cui la madre ritiene di sapere (e di averne il diritto) cosa è meglio per il figlio al punto da sostituirsi completamente a lui. Si tratta anche di disegnare i confini che separano in ogni relazione l’IO da TE. È come se non esistesse un  filtro che permetta di distinguere se stesse, i propri pensieri e desideri da quello dei figli. La confusione nasce anche nei bambini stessi che vivono la mamma come l’unica che può capirli, la vera grande amica. Ma il ruolo di genitore scompare …

In questi giorni la cronaca ci ha ampiamente illustrato casi in cui chi doveva amare i figli sopra ogni altra cosa, ha invece posto fine alla loro vita. I carichi emotivi, le responsabilità, la sensazione di non potercela fare possono portare a credere che non esista un futuro per se stesse, di essere condannate all’infelicità. Quando i figli sono un prolungamento automatico di se stesse, anche per loro non c’è futuro e l’epilogo sembra inevitabile: come può una madre sopportare di non poter dare felicità alle proprie creature? Niente e nessuno può cambiare questa visione, gli altri appaiono come nemici che contribuiscono all’infelicità. Subentra anche una sorta di auto- punizione per non essere riuscite a mantenere l’implicita promessa di donare ai figli una vita felice e senza problemi: eliminare una parte di se stesse è come eliminare s e stesse … La fusione con la persona amata sembra essere un bisogno talmente profondo (la mitologia parla di ricerca del paradiso perduto, la psicanalisi parla di ritorno nell’utero materno) da portare ad atteggiamenti estremi. Il limite tra normalità e patologia spesso è molto sottile.

Non possiamo parlare allora di troppo amore, ma di difficoltà a riconoscere nell’altro (anche nel figlio) un essere autonomo, rispettarlo come tale e consentirgli di fare esperienze che magari non rientrano nei progetti/desideri dei genitori, ma che possono essere comunque valide per la  crescita.

Questa lettura è una delle molteplici che può essere data a ciò che succede, gli elementi che ci fornisce la cronaca sono uno spezzato molto lontano dalla realtà emotiva e relazionale vissuta dai protagonisti delle vicende che non permette di dare una spiegazione esaustiva. Indispensabile però diventa fare una riflessione su che tipo di genitori vogliamo essere e che possibilità di crescita sana diamo ai nostri figli. Perché se è fortunatamente vero che non tutti sono potenziali assassini, è anche vero che la probabilità di “amare troppo”  sta mettendo radici preoccupanti nella società odierna .

Dott.ssa Milena Giacobbe

Psicologa dell’età evolutiva

Viale Dante, 20 Novara

Cel. 348.3173462

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