Racconto: “MaryGiò e i colori segreti del Natale”

UN RACCONTO DEDICATO A TUTTI I BAMBINI MALATI O RICOVERATI IN OSPEDALE, E A QUELLI CHE HANNO UN LORO CARO CHE NON STA BENE LONTANO DA LORO.

Quell’acquario situato al centro del grande salone attirò subito l’attenzione di MaryGiò: tanti pesci dal corpo trasparente, esile e liscio vi nuotavano dentro con una danza ritmica e armonica.

Da lontano sembrano solo ombre, ma bastava avvicinarsi un po’ per ammirare dei piccoli occhietti vispi e luminosi.

– Mamma, perché si vede la spina dorsale di quei pesciolini?

– Perché sono dei pesci speciali, proprio come le chioccioline che si trovavano in questo posto.

– Ma noi chioccioline abbiamo il guscio mamma…non la schiena…

– Certo tesoro mio, e tu sei qui proprio per curare il tuo piccolo guscio: alcuni signori gentili si prenderanno cura di te e ti faranno stare bene.

MaryGiò si guardava intorno, osservando tutta quella gente in attesa in quel serio e silenzioso stanzone; tutti attendevano che la porta in fondo al corridoio si aprisse e venissero chiamati.

Il Natale si stava avvicinando, ma nessuna decorazione o illuminazione ricordava questa importante ricorrenza.

Parlavano tutti una strana lingua, incomprensibile e musicale: era il francese, o almeno così lo chiamavano.

-È qui che dovrò stare mamma?

-Sì, MaryGiò. Qui ci sono tanti esperti che penseranno a te e ti aiuteranno a guarire. Ti vorranno bene come te ne vogliono mamma e papà.

-Ma io non ho mai passato il Natale lontano da casa…come farò senza di voi?

-Noi ti penseremo sempre e in ogni momento tu sarai nei nostri cuori.

MaryGiò ascoltò quelle parole, ma non era molto convinta, non lo era per niente.

Eppure, le aveva dette la sua mamma, quindi doveva fidarsi. E lei voleva fidarsi.

Il rumore improvviso di passi pesanti e meccanici interruppe i dubbiosi pensieri di MaryGiò.

-Seguitemi! – disse un dottore vestito di bianco, con uno strano oggetto che pendeva dal collo simile a una lente, invitandola a entrare in una stanza. Gli occhi grandi e immobili di quell’uomo, nascosti da vecchi occhiali si avvicinarono sempre di più alla piccola che, indietreggiando, si sedette timidamente sulle gambe della madre.

-Sono il dott. Ossi, ti devo visitare piccola.

Il viso della chiocciola si fece cupo, ma lo sguardo incoraggiante della mamma le diede la forza di abbandonarsi nelle mani del medico.

-Starai con noi tre settimane, MaryGiò. – Sentenziò l’uomo con voce roca e profonda dopo averle osservato accuratamente il piccolo guscio ferito. – Due infermiere ti porteranno nella tua stanza: lì troverai altre chioccioline come te.

MaryGiò guardò quell’uomo: il suo viso solcato dalle rughe e inespressivo la terrorizzava e la inquietava. Provò a cercare conforto negli sguardi tristi e malinconici di mamma e papà, ma l’unica risposta che trovò fu:

-Piccola, ora noi dobbiamo andare. Verremo a trovarti presto. Ci mancherai, ma qui avrai tutto quello di cui hai bisogno.

-Certo. – Confermò, l’uomo vestito di bianco, che con un ghigno ironico si allontanò lasciando entrare due donne.

Entrambe sfoggiavano lunghe tonache bianche, con grandi tasche dalle quali fuoriuscivano penne e foglietti.

Mamma e papà tirarono fuori da un sacchetto una stecca di cioccolato, e la posero affettuosamente in mano alla figlioletta (era la sua preferita!); poi si allontanarono piano piano, varcando la porta dell’ospedale, incamminandosi verso una salita che li fece perdere all’orizzonte. La loro delicata immagine si fece sempre più lontana, sempre di più.

MaryGiò ora era sola.

Veramente sola.

-Perché non ci sono colori in questo posto? Perché tutti sono vestiti di bianco? – Pensò la piccola guardandosi intorno e ammirando davanti a uno specchio le sue belle trecce legate da laccetti colorati: erano l’unica luce che riusciva a trovare.

– Non vedo nessun albero di natale, nessun addobbo, nessuna pallina colorata…

La notte fu lunga e tormentata.

MaryGiò, non riuscì a dormire, rimase seduta sul letto, coperta dal lenzuolo, mentre le altre chioccioline dormivano silenziose. Si sentiva sola, in un luogo sconosciuto e straniero. Provò a pensare a cose belle, alla sua casa, alla sua famiglia… ma il risultato fu quello di sentirsi più triste.

– Ehi!

Di colpo una vocina ovattata ruppe il silenzio di quella stanza.

 – Starò sognando o sarò in preda a qualche incubo?! – Ipotizzò la piccola, guardandosi intorno, anche se con quel buio era impossibile vedere qualcosa.

-Ehi! Chiocciola! Sono qua…vicino alla porta…Vieni…

Da dove proveniva quella voce così sottile e dolce? Chi si nascondeva dietro quella piccola ombra che si intravedeva vicino alla porta? La paura era tanta, ma MaryGiò si fece coraggio e scese dal letto, camminando con passi felpati.

– Peggio di così non può andare! – Pensò.

Dalla luce soffusa del corridoio apparve una lumachina: era paffutella, con dei lunghi capelli biondi e un pigiama con tanti disegni colorati.

– Mi chiamo Laura! E tu? Sei nuova, vero?

– Io…io…io mi chiamo MaryGiò. Sono arrivata oggi…qui… – rispose, abbassando lo sguardo e nascondendo orgogliosamente una piccola lacrima che le solcava il viso.

– Perché piangi MaryGiò? Guardami, io sono felice! Qui non è così brutto come sembra… Io sono qua da tanto tempo e sono quasi guarita. Ogni tanto mi annoio, ma trovo il modo per divertirmi. Di giorno visito molte stanze dell’ospedale e mi piace conoscere persone nuove: sono gli ultimi arrivati, che portano le valigie e diventano dei piccoli abitanti di questo posto.

– Ma questo non è un albergo –  singhiozzò MaryGiò – Io ho la mia casa e voglio la mia casa. Tra poco sarà il giorno più bello dell’anno…Natale…

– Fai come vuoi, piccola testarda! Domani mattina verrò a trovarti, se vorrai potrai venire con me: ti farò fare un giro panoramico. Pensaci stanotte con calma, domani deciderai.

Laura sollevò le spalle, si voltò e scomparve nel buio, portando con sé l’unica speranza di compagnia.

Il mattino arrivò presto.

Il chiacchiericcio francese di alcune infermiere svegliò la piccola MaryGiò.

– Bonjour, Mademoseille. Réveil! Bientôt, levez-vous !

La chiocciola non capì nulla, ma dal tono della voce delle donne vestite di bianco e dai loro gesti meccanici capì che era ora di svegliarsi, e anche in fretta.

Nella stanza dove era stata ricoverata c’erano altre 5 chioccioline: loro sì che erano veloci: si alzarono di scatto, corsero nei bagni, si lavarono e vestirono in un battibaleno, correndo insieme con una marcia regolare verso la mensa per fare colazione.

MaryGiò, così, rimase sola, ancora una volta.

Si lavò, si vestì e si diresse verso un lungo corridoio che non sapeva dove portasse.

Tutte le stanze erano uguali e regnava un silenzio che avrebbe smascherato anche il passo più leggero.

Quel posto sembrava un vero e proprio labirinto e trovare la sala mensa risultò un’impresa davvero difficile.

– Ehi, tu! MaryGiò!

La piccola riconobbe subito quella voce: era Laura, l’unica persona che conosceva.

– Allora, hai pensato bene alla mia proposta? Vuoi fidarti di me? O te ne vuoi stare qui tutta sola soletta? Se vuoi io ti posso aiutare…

– Oh…insomma….Io veramente… – MaryGiò si guardò intorno sfiduciata e poi, rispose, nascondendo la sua gioia nel rivederla:

– Ok…verrò con te, ma ora devo andare a fare colazione!

– Ti accompagnerò io, seguimi. Ci aspetta una calda tazza di latte e tanti buoni biscotti. Se vuoi puoi scegliere anche lo yogurt! E nel fine settimana preparano dolci strepitosi e cremosi!

Le due amiche percorsero un elegante corridoio esterno illuminato da alte vetrate luminose che le condusse alla mensa.

Laura sembrava così serena e a suo agio in quella vita ospedaliera che MaryGiò si rincuorò, immaginando che presto anche lei si sarebbe divertita in quel posto.

– Amica mia – sussurrò Laura mentre addentava un biscotto al cioccolato – Non appena saremo tornate nelle nostre stanze aspetteremo che passino i medici per visitarci e, prima di andare a fare le nostre terapie, ti presenterò i miei amici: ti piaceranno, sono davvero speciali!

– E se qualcuno ci scoprirà? – chiese preoccupata.

– Fidati di me, io so come non correre alcun pericolo. – E di corsa si allontanò verso la sua stanza.

Uno squillo assordante e ritmico segnalò l’arrivo dei medici.

Il dottor Ossi entrò nella camerata in cui si trovava Oliva e, uno a uno, visitò tutti gli ospiti.

– Vediamo un po’ il tuo guscio chiocciola. Mmm….mmmm… – i suoi occhi sottili e le sue mani fredde analizzarono la ferita come la mappa di un atlante geografico. – Da oggi seguirai le nostre cure e presto sarai un’altra chiocciolina.

– Ma io voglio essere MaryGiò, la solita MaryGiò… – pensò tra sé e sé.

– Oggi pomeriggio comincerai la nostra ginnastica magica! Ti aspettiamo nella palestra delle Gran Lepri.

E dopo pochi minuti si recò nel suo studio.

Ancora una volta la piccola si ritrovò sola, con i suoi pensieri.

La solitudine sembrava diventare il suo destino.

– Psss…Psss…- Ancora tu! Sei puntuale come i compiti delle le vacanze natalizie! –  Sbuffò MaryGiò rivedendo Laura.

– Dai, non fare la sciocca e non perdiamo tempo! Scendi dal letto e vieni con me.

Anche questa volta MaryGiò ascoltò le parole della sua “ormai” amica e corse incontro a lei.

La strada nel reparto era libera poiché le infermiere erano impegnate a preparare i consueti medicinali e non fu difficile raggiungere le altre stanze.

– Ecco la stanza n 3: entriamo! – sussurrò Laura soddisfatta.

MaryGiò si ritrovò in una stanza molto più bella della sua: era spaziosa e ricca di luce e le finestre si affacciavano su un grande prato verde.

– Adriano, ti presento MaryGiò.

Un lumachino dai folti capelli neri e ricci tese la mano verso la nuova arrivata. Era seduto su una fenomenale sedia rossa, con quattro ruote luccicanti e un sedile morbidoso  e all’ultima moda.

– Piacere Adriano, come stai? – chiese gentilmente MaryGiò

– Bene, grazie. Oggi è una bella giornata ed è arrivato il momento del nostro giretto quotidiano. Ti unirai a noi? – chiese, mentre aggiustava alcune decorazioni di un piccolo alberello di Natale adagiato sul comodino.

– Umh…Certo…volentieri.

Laura afferrò le maniglie della sedie-mobile e spinse il suo amico fino al corridoio; guardò fuori, prima a destra e poi a sinistra e, sicura di non essere vista, fece cenno a MaryGiò di seguirli.

Laura spinse velocemente la sedia facendo divertire a crepapelle Adriano, che per un attimo ebbe la sensazione di correre in una pista di motocross.

Arrivarono fino all’ascensore, salirono e scesero al primo piano.

Adriano si fidava di Laura: ogni giorno lo portava a fare una passeggiata per fargli vedere cosa succedeva fuori dalla sua stanza e insieme si facevano grasse risate.

– Dai Laura, andiamo da Ginevra! Ci starà aspettando!

Scorrazzarono silenziosamente con la sedia-mobile finché arrivarono alla stanza n. 5, percorrendo ad alta velocità curve strette e tortuose.

– Eccovi finalmente! Pensavo non arrivaste più, amici! – Disse una dolce ed esile chiocciola sdraiata su un lettino.

– E invece eccoci qua! Anzi, oggi siamo di più: ti abbiamo portato MaryGiò: lei è qui per curare il suo guscio un po’ birichino.

– E tu, Ginevra, perché sei qua?

– Perché anche io sono un po’ speciale: invece di avere una codina ne ho due, proprio come un pesciolino! Certo, i pesciolini possono stare nell’acqua, io invece, devo stare nel mio morbido lettino.

– Tutti i giorni io e Adriano veniamo qui da lei e le raccontiamo tante storie simpatiche. E qualche volta ne inventiamo di belle!

– Sì – confermò Ginevra – e con le vostre parole viaggio in mille mondi e mi sposto in svariati posti! Non mi stancherei mai di ascoltarvi!

MaryGiò osservò gli occhi della dolce chiocciolina: erano così sereni e gioiosi che sembrava che stare tutto il giorno su quel letto non la facesse mai annoiare.

– Ora, però, dobbiamo ritornare nelle nostre stanze! Tra poco dobbiamo fare le nostre terapie e se non ci sbrighiamo ci scopriranno!

Laura, Adriano e MaryGiò salutarono la loro compagna rassicurandola che sarebbero ritornati presto.

Ripercorrendo la strada che avevano fatto prima e continuando a sgommare con la sedia-mobile, i tre lumachini ritornarono nelle loro stanze.

La giornata di MaryGiò passò lenta.

Dopo la ginnastica alla sala della Gran Lepri, trascorse il pomeriggio aspettando Laura e annoiandosi, perché da sola non sapeva dove andare.

Arrivò la notte e con essa i mille pensieri di MaryGiò si moltiplicarono.

Dopo aver bevuto la solita camomilla, le infermiere spensero tutte le luci del reparto.

– Sigh, di nuovo notte… – cominciò a singhiozzare la piccola, cercando di consolarsi in qualche modo. E l’unico modo era pensare alla sua famiglia che aveva lasciato in Italia.

Ma quando meno se lo aspettava:

– Psss… amica…. – chiamò la solita vocina.- Laura!? Sei Laura!? – rispose euforica MaryGiò.

– Sì, vieni qui…dobbiamo fare una cosa speciale…

– Ma non possiamo andare da Adriano e Ginevra…a quest’ora sarebbe impossibile…

– No, MaryGiò, devo portarti in un posto speciale. E stanotte è una notte speciale e tu te ne

sei dimenticata: è la vigilia di Natale!

– E’ vero! Qui i giorni sembrano tutti uguali – rispose tristemente MaryGiò. Ma non appena pensò che finalmente era arrivato il giorno della sua festa preferita, ritornò a sorridere speranzosa.

La chiocciola non si fece ripetere due volte l’invito e raggiunse l’amica.

In punta di piedi la seguì, dirigendosi verso il corridoio che portava all’ascensore.

Laura le fece cenno di controllare se qualcuno stesse per venire e, quando, l’ascensore

arrivò, salirono di scatto schiacciando il tasto che le avrebbe portate a piano terra.

– Eccoci arrivati!

Le due chioccioline si ritrovarono nell’atrio di ingresso in cui MaryGiò aveva visto tutte quelle persone aspettare per fare la visita, proprio dove c’era l’acquario.

Stranamente il salone era illuminato e dal centro della stanza risplendeva una luce molto particolare e brillante, che invitava ad avvicinarsi.

– Mamma mia! Cos’è questa luce accecante? – Chiese sbalordita MaryGiò, nascondendosi dietro alla ragazzina.

– Non avere paura! Sono i pesciolini dell’acquario! – Rispose serena Laura – Ti svelo un segreto: di giorno questi animaletti sono trasparenti e invisibili, ma di notte si illuminano come palline di un albero di Natale e colorano tutta questa stanza. Seguimi!

Laura abbraccio MaryGiò e poi, con un salto, si lanciò insieme a lei dentro l’acquario.

– Ma io non so nuotare! – fece appena in tempo a dire MaryGiò.

Ma ormai era troppo tardi…

Oramai il viaggio era iniziato..

– Ehi, non si bussa prima di entrare, piccola! – Gridò un pesce molto grande, il più grande di tutti quelli che nuotavano lì dentro – Sei sempre la solita, Laura!

– Perdonami, Zeus! – Questo era il nome del capo-pesci – Ormai vengo tutte le sere: dovresti essere abituato!

– Ok e buon Natale, piccola!

– Auguri a tutti voi! Anche quest’anno il vostro albero è spettacolare! Sono bellissime tutte quelle conchiglie luminose appese!

– Come si chiama la nuova arrivata?

– Lei è MaryGiò.

– MaryGiò?! Che nome buffo!

La piccola osservò stupefatta le grandi palpebre che cadevano pesanti sugli occhi di quel vecchio pesce, una particolarità che lo rendeva simpatico e rassicurante.

– Laura, sto sognando! – Urlò MaryGiò.

– No, sei sveglia e tutto ciò che vedi è realtà! Vieni con noi, piccola e ricordati: in questo posto puoi sorridere sempre! Soprattutto oggi che è festa!

Laura le diede la mano e, seguendo tutti quei pesciolini capitanati da Zeus, visitarono un grande posto colorato: erano le stanze di quell’ospedale, che finalmente apparivano con le pareti dipinte, con quadri moderni, luci abbaglianti e girevoli, e giochi…tanti giochi! Ogni porta che si apriva offriva una sorpresa.

Quelle che catturarono l’attenzione di MaryGiò furono la sala da biliardo e quella da ballo, dove la sera i piccoli ospiti si scatenavano in danze allegre e di gruppo, dimenticando i loro malanni.

 I medici, sotto i loro camici bianchi e i loro occhiali geometrici, avevano vestiti variopinti e originali e occhi azzurri e verdi! Tutto era così divertente e spettacolare!

– Ciao Adriano! Ciao Ginevra! – salutò Zeus.

– Ciao amici! Siete venuti a ritirare il regali di Natale? Noi abbiamo appena ricevuto tanti libri e una radio!

Le due chioccioline nuotavano allegramente nelle acque calde dell’acquario. Quando venivano qui abbandonavano la sedia – mobile e il lettino: non ne avevano proprio bisogno.

Qui pesci e chioccioline erano tutti uguali, tutti potevano fare le stesse cose: erano liberi, potevano volteggiare, saltare, ballare, danzare armonicamente nell’acqua, viaggiare, ed era tutto così facile e bello.

In questo posto ci si poteva dimenticare di ginnastica, orologi, camerate e perfino i medici abbandonavano i loro camici e diventavano amici dei pazienti. Ma la cosa bella era proprio che in questo posto non c’era nessun paziente.

Il viaggio sembrò lunghissimo e senza fine, ma all’improvviso una campanella di colpò risuonò.

– È ora di tornare in stanza MaryGiò! Sbrighiamoci! – Urlò Laura – dammi la mano!

– Peccato! – Disse Zeus – Questa chiocciola è veramente simpatica e graziosa! Mi ricorderò sempre delle sue treccine e del suo sorriso.

– Vi aspetto anche domani, non mancate!

– Certo Zeus – rispose sorridente Laura –  anche domani verremo a trovare tutti voi pesci!

Con un balzo veloce le due chioccioline si ritrovarono fuori dall’acquario. Non c’era più la luce sfavillante, non c’erano più Adriano e Ginevra, ma c’era solo silenzio intorno e una penombra che indicava a malapena la strada da percorrere.

E anche il Natale sembrava essere finito di colpo.

Laura e MaryGiò ripresero l’ascensore, si salutarono e andarono nelle loro camere.

– A domani, MaryGiò! Preparati per la prossima avventura!

MaryGiò durante la notte sognò tutto quello che aveva vissuto dentro l’acquario e il mattino dopo affrontò la giornata con coraggio e tranquillità, aspettando con ansia che arrivasse la sera per poter ritornare nel suo mondo magico. Anche la lontananza dalla famiglia in un giorno così particolare e dolce fu meno pesante.

Tutte le sere quando andavano a trovare Adriano e Ginevra, insieme ripercorrevano tutte le fantastiche avventure che avevano vissuto la sera prima, perché ormai tra di loro non c’erano più segreti.

Ora, finalmente, MaryGiò aveva capito quali erano le storie fantastiche a cui Laura si riferiva.

Passarono così tre settimane, tra la routine giornaliera e la magia della notte.

Le cure mediche erano finite e la piccola stava meglio.

Mamma e papà finalmente vennero a prenderla, emozionati e trepidanti di gioia.

Percorsero di corsa la discesa che li portò nell’atrio dell’ospedale e andarono incontro alla figlia per abbracciarla.

– Ciao, MaryGiò, come stai? Ti siamo mancati? Hai sofferto?- Ciao mamma! Ciao papà! – Gridò stringendoli forte – Qui non è poi così male, mi sono divertita, soprattutto la notte di Natale!

– Davvero amore mio?

– Sì, mamma, proprio così. Ho conosciuto tanti amici e imparato tante cose. Tante e imprevedibili…

Dopo aver preso le valigie, MaryGiò insieme a mamma e papà salutarono tutti gli amici e i medici e si avviarono verso l’uscita dell’ospedale, pronti a dirigersi verso la salita che li avrebbe riportati a casa.

La chiocciola però, si fermo di scattò, tornò indietro e si fermò vicino all’acquario: guardò dentro, in cerca dei suoi amici che le avevano regalato tanta gioia e coraggio e osservò quei piccoli pesciolini trasparenti riuscendo a trattenere a malapena l’euforia che il suo segreto nascondeva.

– Mamma, papà…vi svelo un segreto… – disse, sottovoce, raggiungendoli di corsa.

– Dicci piccola – chiesero in coro mamma e papà.

– A Natale ho ricevuto un regale speciale: ho scoperto che i colori a volte ci sono anche dove non si vedono.

E, felici, tutti e tre tornarono a casa.

di ISA VOI

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