“Giorni di neve, giorni di sole” l’opera dei gemelli Valsecchi che rida’ vita ai desaparecidos

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Ricordando le nostre interviste:

Intervista del 2/9/2014:

“Un’opera a quattro mani che racchiude dentro i cuori e le emozioni di cento, mille, infinite persone che sono fantasmi invisibili agli occhi di tutti: “Giorni di neve, giorni di sole” è il romanzo dei desaparecidos, delle persone che non hanno un luogo, una futuro, una vita.
In particolare è un libro dedicato a una giovane donna scomparsa in Argentina, Patricia, e di un padre che lotta senza sosta, trascinando con sè le sue forze, le sue speranze, i suoi sogni.
Fabrizio e Nicola Valsecchi, autori di altri romanzi, sono riusciti a creare un racconto davvero coinvolgente, ricco di storia e di ricerche, testimone di soprusi, violenza, arroganza e potere.

Due giovani di Cernobbio, ancora più originali perchè non sono solo fratelli, ma anche gemelli; li abbiamo incontrati e intervistati per conoscerli meglio e per immergerci completamente in questa storia vera e negli altri romanzi.
1 “Giorni di neve, giorni di sole”, edito da Marna, è il vostro ultimo romanzo? Di cosa parla?
Certamente. “Giorni di neve, giorni di sole” è un libro che prova realmente a trovare il senso di una vita intera e insieme a sforzarsi di ripercorrere la storia del Novecento nel tempo di un viaggio di ritorno nel paese natale, sulle sponde incantate del lago di Como. E’ in effetti la storia vissuta e narrata in prima persona da Alfonso Dell’Orto, emigrato in Argentina ai tempi del fascismo e lì violentemente colpito dalla cieca follia e dalla dirompente crudeltà del regime militare, che gli rapisce la figlia e il genero, strappati senza una ragione e persi per sempre tra i tanti desaparecidos negli anni bui della dittatura militare (1976-1983), lasciandogli una bambina di soli venticinque giorni da crescere. Dopo le nostre due ‘favole noir’ “La chiromante. Una profezia” e B. e Gli uomini senz’ombra e il racconto “Il Seme della Discordia” pubblicato sul “Popolo Veneto”, ci è sembrato giusto provar a dar vita e cimentarci con una storia reale, in cui luci ed ombre si alternano ai giorni nostri tra le rive della nostra amata Cernobbio e l’Argentina. Il ritorno di Alfonso alle proprie origini, infatti, anche dopo settant’anni, vuole essere idealmente il raggio di sole che illumina la memoria della figlia, dando nuova forza agli ideali di libertà e giustizia per cui tanti desaparecidos hanno combattuto e purtroppo dato la vita.
2 Come mai avete scelto  di trattare il tema dei desaparecidos argentini?
Le confidiamo tranquillamente che di fatto non siamo stati noi a cercare e a inseguire ardentemente la storia che abbiamo avuto la fortuna di narrare, ma è stata proprio la difficile vicenda umana della famiglia Dell’Orto a venire effettivamente a cercarci, a colpirci e a impressionarci. Difatti, siamo venuti a conoscenza di quanto è accaduto solo per un caso fortuito. Il Signor Antonio Dotti, Presidente della Cooperativa del nostro paese – Piazza Santo Stefano, piccola frazione di Cernobbio – si è rivolto improvvisamente a noi. Aveva appena ricevuto una lettera dall’Argentina. Da un nostro compaesano, Alfonso Dell’Orto, che aveva ancora nel cuore un importante sogno da realizzare: affiggere un quadro della figlia Patricia, desaparecida a 21 con il marito Ambrosio, alle solide pareti dell’edificio “sociale” costruito un secolo prima anche da suo nonno Giovanni. L’intento di Alfonso era veramente quello di far rivivere la figlia e i suoi poetici ideali di pace, speranza e equità sociale anche in Italia e, in particolar modo, nel paese natio, lasciato nel lontano 1935 a soli 7 anni e mai più ritrovato per sua precisa scelta. Saputo questo, non abbiamo di certo tardato a farci tranquillamente commuovere, catturare e coinvolgere da questa vicenda intensa, difficile e problematica. Pertanto, quasi senza aspettare l’esplicita richiesta del Presidente Dotti, abbiamo attivato con entusiasmo un contatto con l’Argentina, scoprendo dunque dalla calda ed emozionata voce di Alfonso una storia particolare e struggente che ci ha davvero toccato delicatamente il cuore e sfiorato sensibilmente l’anima. Quasi d’impulso, così, ci siamo messi al lavoro, consci che non si trattava più di scrivere un altro romanzo figlio della nostra fantasia, ma che ci accingevamo a provare a mettere su carta le vicende personali di un uomo e della sua famiglia all’interno della grande storia che ha determinato il problema dei desaparecidos e di quell’obediencia debida che ha purtroppo provocato ben 30.000 vittime sulle quali è drammaticamente sceso e caduto il silenzio colpevole dello Stato e, in parte, persino della chiesa. Il risultato di tutte queste considerazioni è stato il nostro “Giorni di neve, giorni di sole”, un libro che ha veramente provato ad affrontare tematiche importanti e fatti storici difficili e dolorosi.
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3 Quante e quali ricerche avete dovuto effettuare per presentare la tragica realtà del regime dittatoriale argentino?
Possiamo benissimo dirle che, anche grazie alle nuove tecnologie, che accorciano facilmente ogni distanza, i nostri contatti con l’Argentina sono stati davvero fittissimi e intensissimi. Di giorno in giorno, infatti, preziose telefonate ed email si sono alternate molto vivacemente tra noi ed Alfonso. La nostra fonte vivente ci ha narrato, spiegato, illustrato e contestualizzato con dovizie di particolari l’importante esperienza di vita che voleva far velocemente arrivare in Italia, e, in particolar modo, sotto quei monti e sulle sponde di quel lago che il signor Dell’Orto porta ancora immensamente nel cuore.  Essendo stati profondamente commossi e toccati da questa vicenda umana di alti valori e d’esuberante impegno civico,   perfettamente certi e consci che dar luce in qualche modo alla vita breve e generosa di cui avevamo appena appreso e far rivivere e conoscere in qualche maniera Patricia e i suoi sogni chiamati amore, libertà d’espressione, equità sociale e  parità di diritti nei suoi luoghi natali era di fatto l’ultima grande speranza rimasta al signor Dell’Orto, abbiamo quindi subitamente deciso di accantonare alla svelta ogni progetto a cui stavamo lavorando. E, di buona lena, abbiamo provato a tracciarlo e a dargli pienamente corpo e  vita sulla carta. E scritto quasi di getto “Giorni di neve, Giorni di sole”. Cercando di adattare con meno invadenze possibili il significativo percorso esistenziale di Alfonso e della sua famiglia. Nell’auspicio che sull’esempio di Patricia, di Ambrosio e delle altre vittime di dittature feroci come quella che si sviluppò tra il 1976 e il 1983 in Argentina non cada mai più il grave velo dell’oblio e dell’amara dimenticanza. Così è nato il libro di cui abbiamo avuto il privilegio di poter essere tramiti trasparenti. Una vicenda significativa ed emozionante che abbiamo consegnato in primis ad Alfonso, che ha potuto vagliarne capitolo per capitolo, approvandone dunque paragrafo per paragrafo e riga per riga, prima che venisse data alle stampe la storia che ha voluto che noi raccontassimo in sua vece.
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4 Una descrizione della giovane Patricia Dell’Orto…

Patricia era una ragazza brillante e socialmente impegnata. Amava l’arte. La poesia. La musica. Ogni forma di cultura. Era una ragazza libera. Indipendente. Generosa. E, soprattutto, non una dissidente politica e una sovversiva. Nonostante avesse da poco coronato i sogni d’essere sposa e madre, fu una delle tante vittime della dittatura militare solo perché, come altri giovani della sua età, insegnava con orgoglio e dedizione a credere. A immaginare. A meditare. A sperare. E a sognare. Maestra nei quartieri disagiati e disadattati, era d’esempio con il suo impegno per i ceti più deboli. Pensava infatti sinceramente che attraverso l’istruzione, la formazione umana, morale e culturale in ogni sua espressione tutto poteva cambiare e migliorare anche in un paese in cui ogni diritto veniva negato come quello in cui viveva. In questo rappresentava in toto le idee di libertà, d’uguaglianza e di sensibilità tipiche dei desaparecidos. Concetti indubbiamente giusti e condivisibili troppe volte però pagate purtroppo con il prezzo più alto.

5 Che mesaggio volete trasmettere ai vostri lettori?

Siccome riteniamo fortemente la memoria lo specchio in cui tutti dovrebbero riflettersi e concedersi senza sosta, crediamo veramente che il nostro libro, idealmente un vero e proprio romanzo d’amore d’un padre per la propria figlia e d’un migrante verso la propria terra nel segno degli inalienabili ideali d’identità, verità e giustizia, sia decisamente aperto ad ogni tipo di lettore. Tra i tanti messaggi che vorremmo che in qualche modo passassero e arrivassero a chi sceglie d’imbattersi nelle nostre pagine, sicuramente c’è quello che Patricia e tanti altri ragazzi impegnati come lei in lavori sociali sono stati vittime della dittatura militare solo perché, nel momento stesso in cui il sogno argentino e Peron erano già stati subdolamente soppiantati e sostituiti dal golpe del 1976, insegnavano a sperare, a riflettere e a pensare diversamente. Prestavano infatti con dedizione e con passione il loro tempo e il loro aiuto ai ceti più deboli. Insegnando a tutti la speranza e l’amore attraverso l’alfabetizzazione e la cultura in ogni sua forma ed espressione. I desaparecidos rappresentavano l’idea di libertà da divulgare tra la gente al fine di trasmetterla e di tramandarla anche alle future generazioni, superando l’egoismo, il classismo, l’oppressione e il terrore incarnati da Videla e dalla giunta militare. Il loro messaggio di vittime dell’odio e della mancata accettazione è ancora vivo e parla direttamente ad ogni coscienza. Le Madres e le Abuelas de Plaza de Mayo, autentiche custodi della memoria, hanno in effetti fatto sì che il loro esempio e i loro ideali non fossero dimenticati. Attraverso la loro marcia quotidiana in un silenzio che parla e grida più di mille voci, continuano con apprezzabile pertinacia e irriducibile ostinazione il prezioso cammino della speranza universale soffertamente iniziato dai loro cari. Grazie ai desaparecidos e al percorso di ricerca di verità, di memoria e di giustizia, l’Argentina di oggi, pur con tutte le sue evidenti controversie e tensioni, è comunque un paese più libero e consapevole.

6 Alfonso Dell’Orto continua a combattere con grinta e tenacia per la ricerca della verità, un uomo che vive ogni giorno per dare giustizia a ciò che ha di più prezioso: sua figlia. Quali sono le sue emozioni, le sue aspirazioni e i suoi pensieri ?

Verissimo. La vita di Alfonso Dell’Orto è senza dubbio un vero e proprio elogio alla Verità ed alla ricerca della Verità. Un inno all’impegno. Alla costanza. Alla perseveranza. Alla voglia di non mollare mai. Alla sete di Giustizia per una giustizia che, anche tardivamente e iniquamente, alla fine arriva inesorabilmente. Tutto questo lo si evince nel corso del suo brevissimo ritorno in Italia per onorare eternamente la memoria della figlia Patricia, uccisa a soli 21 anni con il genero Ambrosio (23). Nel nostro libro, Dell’Orto, andato da bambino in Argentina da emigrante a cercare fortuna e affermatosi come chimico in una delle maggiori aziende del paese dopo tante peripezie, è un ragazzo di ieri che ha conosciuto integralmente la terribile sofferenza di veder rapiti i propri cari, senza un perché tra i primi desaparecidos della dittatura militare. Intense sono naturalmente le sensazioni e i ricordi che costellano il tragitto d’un’indicibile angoscia e d’un’eterna afflizione. La dolce memoria di Patricia, in effetti, è qualcosa d’impattante e di travolgente per un padre che la ricorda bambina e ragazza impegnata, insegnante dei poveri che, in una breve e significativa esistenza, ha avuto solo il torto d’insegnare la speranza e l’amore là dove tutto questo era un qualcosa di proibito, di negato e di vietato. Alfonso se la immagina per tutto il tragitto. I suoi sogni. I suoi auspici. La sua crescita morale e spirituale … Fino al giorno terribile e drammatico del sequestro e della sparizione di Patricia. Un incubo nero tra i tanti da cui davvero Dell’Orto non può scappare nemmeno durante questo difficile rientro a casa. In effetti, il rapimento di sua figlia gli appare in tutto in un sogno tremendo fatto un po’ prima di ripartire da New York. Un fatto increscioso. Assurdo. E criminoso. Nell’inesorabile violenza e nella deprecabile velocità con cui di fatto si svolge e si sviluppa. Anche questo ricordo Alfonso porta con sé in Italia. Ed è per riavere in qualche modo per sempre la propria figlia che sceglie inderogabilmente di ritornare alle origini. Facendo pertanto diventare “Giorni di neve, giorni di sole” anche un elogio al valore fondante della famiglia e al senso profondo d’amore d’appartenenza verso la propria terra, lasciata a soli sette anni per cercare fortuna altrove ma rimasta sempre un chiodo fisso tangibilmente scolpito nel cuore.

7 Quale stile letterario avete scelto di utilizzare per raccontare questa particolare e delicata vicenda?
L’opera ha uno stile quasi lirico, una tecnica narrativa che sembra quasi sospendere e rinserrare la tragedia di Alfonso Dell’Orto in uno spazio senza tempo e senza luogo. Abbiamo di fatto pensato, ideato, concepito e costruito la storia che abbiamo narrato con periodi che seguono generalmente il principio della paratassi. Ossia con frasi corte. Quasi minime. Proposizioni brevi e striminzite per sincopare e cadenzare volutamente il ritmo del romanzo e una sofferenza autentica e spontanea come la verità. Lo scopo primario del romanzo, oltre che perorare ed avvalorare indispensabilmente l’importante memoria di Patricia, era infatti quello di far capire interamente ai lettori che storie come questa purtroppo sono successe, succedono e possono succedere ancora. Abbiamo dunque provato a sospendere interamente la vicenda umana di Alfonso Dell’Orto come in uno spazio intransitabile, in un universo infinito senza tempo e senza luogo. Il 1935 e il fascismo in Italia e il 1976 e la dittatura argentina, in fondo in fondo, non sono poi tanto lontani, se si guardano con buona attenzione e con doverosa concentrazioni le molteplici immagini che ci arrivano ogni giorno dalla Sierra Leone o dalla Costa d’Avorio, dall’Afghanistan o dall’Iran, dalla striscia di Gaza, dall’Ucraina, dalla Somalia e da tutti quei punti della Terra in cui i principali diritti individuali vengono quotidianamente ignorati e calpestati ignobilmente, per dar luogo soltanto a tremendi massacri e a guerre sempre sbagliate, nocive e sanguinarie … Lo stesso dicasi per un altro tema centrale del nostro libro, ossia per l’annoso e insoluto problema dell’immigrazione, con tutte le evidenti difficoltà e sofferenze che queste interminabili peregrinazioni di massa di fatto hanno comportato e ancora comportano un po’ in ogni dove. Anche in fatto di migrazioni, crediamo proprio che il passato non sia stato di certo buon maestro e non sia riuscito a insegnare correttamente principi fondamentali come quello dell’accoglienza o della fratellanza a tutti i popoli della Terra. Pensate solo a quanti Italiani hanno dovuto emigrare e alle difficili condizioni di vita che hanno trovato in Paesi lontani, non solo in passato … E poi soffermatevi un po’ a meditare e a riflettere sulle attuali politiche in fatto di emigrazione vigenti in Paesi moderni, liberali e sviluppati come il nostro …. Facile intuire che è davvero dura la vita dell’emigrante e che sa realmente sa di sale, di sofferenza e d’umiliazione lo pane altrui! Fatte queste considerazioni, abbiamo deliberato di buon grado di compiere questa scelta stilistica piuttosto atipica per un libro di memoria. E siamo partiti a scrivere di getto. Cercando di non confinare in un tempo preciso la tragedia capitata alla famiglia Dell’Orto. Per far esplicitamente riflettere il lettore su quanto facilmente una crudele e brutale dittatura si possa insinuare e inserire comodamente nella vita di tutti noi. Attestando così seccamente l’estrema pericolosità della dittatura e il rigetto di questa efferatezza in ogni sua forma immaginabile e possibile. Ma anche l’ egolatria tiflotica dell’uomo, che, purtroppo, per mille imprecisati motivi, sembra non voler mai imparare dalle molteplici tragedie e disgrazie che, nel corso dei secoli, lo hanno inoppugnabilmente più volte sfiorato, toccato e colpito, senza mai cessare, però, d’avere puntualmente i loro tristi ricorsi storici, in un perenne e sfrontato ripetersi e riprodursi drammatico ed alienante.
8 Che riscontro avete avuto con il pubblico?

Premesso che in Italia ci sono più scrittori che lettori e che senza grossi “battage” pubblicitari è difficile arrivare al grande pubblico e di conseguenza lo è anche “mantenersi con i sogni e le speranze”, possiamo ben dire d’aver bussato a tutte le porte che si potevano aprire, ma anche a quelle che immaginavamo già chiuse per far conoscere una vicenda difficile come quella che abbiamo narrato. Il risultato – e qui non parliamo di vendite – per noi è stato comunque davvero positivo. Abbiamo in effetti ottenuto una striscia infinita di recensioni, di articoli e di interviste dedicati al nostro romanzo. Abbiamo presentato “Giorni di neve, giorni di sole” presso molte biblioteche, associazioni e circoli culturali. Siamo stati in alcune scuole e in diversi comuni, ma, paradossalmente, per motivi a noi del tutto oscuri, mai in televisione, ovvero là dove il messaggio arriva diretto, forte, chiaro e alla portata di tutti. Abbiamo ricevuto giudizi egregi. Paragoni ingombranti. Apprezzamenti e complimenti anche da personaggi illustri. Un’esperienza per noi dunque estremamente importante. Utile. E formativa. Così come la storia che abbiamo raccontato, una vicenda umana sofferta e importante di cui ancora, fortunatamente, si continua a parlare e a scrivere. Regalando pertanto ad Ambrosio e a Patricia, due tra le trentamila stelle che ancora brillano fulgide nel cielo d’Argentina, un nuovo mattino irto e scolpito nella speranza. Una splendida mattinata di luce. Prima d’un altro giorno di sole in più.

9 Il vostro romanzo ha avuto l’onore di ospitare la prefazione del grande premio Nobel Adolfo Perez Esquivel. …
Effettivamente, il nostro “Giorni di neve, giorni di sole” può vantare la bellissima prefazione di Adolfo Perez Esquivel, Premio Nobel 1980 per la Pace per la sua attività a favore dei poveri e della non violenza. Contattato da Alfonso, che gli ha tradotto in Spagnolo il nostro libro, l’ha apprezzata a tal punto da dirsi sensibilmente disponibile e veramente orgoglioso di poter concretamente scrivere e donarci i suoi preziosi pensieri su una vicenda umana importante e dolorosa, una delle tante che hanno drammaticamente colpito e devastato al cuore il suo paese, al tempo della dittatura militare. Così, un bel giorno a pochi mesi di distanza dal loro incontro, Alfonso ci ha telefonato. E, in modo molto diretto ed emozionato, ci ha confermato l’avvenuto intervento di prefazione di Perez Esquivel. Se vuole sapere proprio come ci siamo sentiti a questo improvviso e inaspettato annuncio, beh, ci limitiamo a dirle che eravamo davvero sorpresi e strabiliati. Infatti non sapevamo davvero che cosa dire e che cosa pensare … Una personalità così meritevole ed onorata che s’interessava realmente al nostro lavoro! Ci sembrava veramente qualcosa di bellissimo e d’impossibile al tempo stesso. Il sogno di Alfonso che, passo dopo passo, si stava realizzando tangibilmente. Con la figlia e il genero e gli ideali per i quali erano vissuti ampiamente valorizzati e impreziositi anche dalle parole sentite di una persona veramente impegnata e sempre presente quando si parla di diritti umani e di memoria. E non solo perché anche il Premio Nobel ha realmente provato sulla pelle la cruda durezza del carcere e l’atrocità umiliante delle spietate torture del regime argentino. Così, in quei momenti di totale sbigottimento e di solare meraviglia, ci siamo guardati a vicenda, increduli e felicissimi. Chiedendoci se fosse davvero lecito aspettarci d’ottenere qualcosa in più di qualche semplice riflessione o annotazione – per noi essere stati letti e apprezzati da una persona di tal levatura era già stato un enorme successo! – da parte di Perez Esquivel. E, invece, quando al fine il suo scritto è arrivato … abbiamo addirittura scoperto con indescrivibile contentezza le quattro pagine olografe che ci aveva fatto pervenire. Un riconoscimento davvero notevole e gratificante per il nostro lavoro. Un attestato di stima, ma anche di vasta generosità e di squisita sensibilità per cui lo ringrazieremo sempre infinitamente. Nonostante i quindicimila chilometri che separano Italia e Argentina, infatti, il Premio Nobel non s’è fermato davanti al nostro nome e alla nostra giovane età. Fatto che ha davvero trasmesso sensazioni difficilmente immaginabili per due ragazzi di Piazza Santo Stefano che continuano a cullare il sogno (o la follia?) di poter vivere adeguatamente con tutte le speranze e le illusioni che, specie in momenti di grande crisi come questi, sa davvero trasmettere a chi l’ama la poco redditizia arte della scrittura.
10 Che difficoltà si incontrano nello scrivere un romanzo a quattro mani? Perché avete fatto questa scelta?
Certamente scrivere a quattro mai, come un unico autore, anche se ai più potrebbe realmente apparire come un’impresa complicata e difficile che richiede senza dubbio, oltre a un progetto comune da condividere e da portare avanti congiuntamente, anche una buona dose di pazienza, di perseveranza e di pertinacia, è un fatto decisamente possibile e realizzabile. Nel nostro caso, possiamo veramente assicurarle che la nostra posizione duale di gemelli-scrittori, fatto di per sé abbastanza insolito e raro in letteratura, invece di sfavorirci e di svantaggiarci nella costruzione materiale e nella successiva stesura dei romanzi, ci ha comunque aiutato tantissimo. Essendo gemelli, infatti, abbiamo sempre avuto la fortuna di poter vivere costantemente ogni sensazione “moltiplicata per due” e “insieme”. E, in questo lavoro, tutto ciò rappresenta effettivamente un vantaggio concreto e non indifferente. La nostra sensibilità, arricchendosi delle diverse sfumature e dei molteplici dettagli che, in un modo o nell’altro, quando ci mettiamo all’opera, riusciamo a cogliere e a captare sotto forme simili ma non uguali, risulta oltremodo acuita e rafforzata. Quando scriviamo, in effetti, riusciamo spesso ad interagire in perfetta sintonia, sfruttando forse le esperienze comuni che per noi si protraggono davvero da prima di nascere. Tutte le diversità e le divergenze di opinione che logicamente sorgono e contraddistinguono un comune processo creativo vengono pertanto facilmente superate ed eliminate, proprio perché, in quanto gemelli, si manifesta quasi sempre quella particolare magia che consente di capire all’istante ciò che vuole dire l’uno o dove vuole arrivare l’altro. A volte, però, quando, pur partendo da un piano d’idee comune ben definito e concordato, le opinioni sulla stesura, sulla narrazione, su un dialogo o su un altro punto qualsiasi della trama persistono irreversibilmente a non collimare, ci si separa improvvisamente e ognuno, così, prende improvvisamente a procedere come se fosse realmente un autore unico, autonomo e indipendente. Quando alla resa dei conti si esaminano gli elaborati, ecco però che interviene spesso e volentieri il misterioso quid su cui poggia e si basa solidamente il nostro sogno di poter scrivere: quasi sempre, in quei momenti, ci accorgiamo che le difficoltà e i problemi di trama sono stati affrontati e superati nello stesso modo e che la nostra scrittura è perfettamente omogenea. Cose strane, apparentemente. Forse però solo per chi non ha la fortuna di avere un gemello con cui condividere tutto …
11 Nel 2002 e nel 2004 avete pubblicato altri due romanzi: “La chiromante, una profezia” e “B: e gli uomini senz’ombra”: di cosa parlano?
Vero. Come già detto, oltre a “Giorni di neve, giorni di sole” abbiamo scritto altri due romanzi, “La Chiromante, una profezia” e “B. e gli uomini senz’ombra”, opere fantasy che ben s’approssimano all’oscuro e al “noir”. Il primo è un testo allegorico che tratta poeticamente il tema della vita e della morte attraverso la storia di un Luna Park nella sera dell’ultimo spettacolo. La vicenda ruota attorno all’enigmatica figura di una misteriosa chiromante, alla quale molti visitatori si rivolgono per conoscere il loro destino, esponendole, al contempo, le loro paure, le loro speranze, le loro ambizioni, i loro sogni, i loro desideri e i loro auspici più reconditi, celati e irrealizzati, mentre lei, una sorte di Iside arcanamente silente, impercettibile, impalpabile e onnipresente, osserva tranquillamente le carte, muove inconfondibilmente gli elementi e legge perfettamente il fato di tutti in una criptica sfera di cristallo, dimostrando sorprendentemente a tutti i personaggi, semplici comparse che diventano protagonista, di conoscere inappellabilmente ogni loro esperienza di vita precedente e … futura. In effetti, saranno i diversi comportamenti degli ospiti che la chiromante si troverà di fronte in quella drammatica ultima sera a influenzare marcatamente i suoi giudizi e a sancire categoricamente il corso del loro ineluttabile destino … “B. e gli uomini senz’ombra”, invece, è la voce del silenzio analizzato in tutte le sue forme, attraverso l’interessante percorso di vita di un diversamente abile (muto), una persona veramente piena di idee, di sogni, di speranze, d’orgoglio, di passione e di voglia di vivere, nonostante la sua sofferta e problematica “diversità”. In questo personaggio e nelle sue interessanti peripezie vogliamo idealmente presentare e rappresentare il complicato tragitto esistenziale di chi, in ogni maniera, non riesce o non può esprimersi come vorrebbe. Dando voce al suo tormentato silenzio attraverso la penna, infatti, il nostro attivissimo protagonista – che non comunica nemmeno il suo nome (nascosto comunque in uno dei due acrostici presenti nel libro), ma che in ogni suo gesto, emozione o sensazione è un po’ riscontrabile in ognuno di noi – cresce, vive, conosce, soffre, combatte, impara e reagisce … Pertanto, anche il suo linguaggio “parlato” nel corso del romanzo si evolve e cambia notevolmente, partecipando quasi al suo completo sviluppo fisico e morale, mentre la nostra figura cardine è severamente forzato ad assistere drammaticamente in un silenzio totale e raggelante agli sconvolgenti e traumatici cambiamenti del suo paese, M. Horizon, e della sua gente, mutamenti imprevisti e ottenebranti terribilmente scanditi e marcati con agghiacciante regolarità dall’arrivo di un sinistro e misterioso uomo di medicina, il Dottor B., una sorta di Faust double-face che impera e domina incontrastato su questo sperduto villaggio di montagna, ora che una strana sindrome influenzale ha colpito, infettato e “cambiato” radicalmente quasi tutti gli abitanti, concedendo loro insperate possibilità e inattese opportunità al prezzo altamente simbolico e significativo della definitiva perdita della loro ombra … In un contesto come questo, logico e scontato che anche il nostro protagonista senza voce si trovi concretamente ad essere tentato e a poter in qualche modo “mutare” se stesso e il proprio destino. Ma … il finale del libro, riserva ai lettori un colpo a sorpresa …
12 Nicola e Fabrizio Valsecchi nella vita di tutti i giorni e i vostri rapporti di fratelli, oltre che di gemelli:
Siamo un po’ come tutti, anche se, come gemelli, di certo noi siamo molto uniti e formiamo una squadra compatta. Non siamo perfettamente uguali nel gusti, nel carattere e nelle scelte d’indirizzo quotidiano, ma come avviene molto spesso in questi casi, non riusciamo veramente a stare l’uno senza l’altro perché, interagendo e cooperando da una vita intera, ormai possiamo ben dire che, forse anche per vie delle nostre differenze, ci completiamo a vicenda. Quando siamo lontani o separati, capita infatti sovente che ci chiamiamo e ci cerchiamo con il telefonino per raccontarci quello che ci sta succedendo o per trasmetterci le emozioni, le impressioni e le sensazioni che stiamo provando in quel preciso momento, anche se, strano ma vero, ognuno di noi sa anche a distanza come ce la passiamo, quel che ci sta accadendo e quello che pensiamo o abbiamo intenzione di dire. Questo non significa che, per qualsiasi motivo, non discutiamo, non litighiamo o non bisticciamo mai animatamente tra di noi, in qualunque momento … Tutti i piccoli e grandi diverbi e tutte le motivate o futili schermaglie, però, vengono ben presto risolti e sedati brillantemente. Visti i rapporti che da sempre coltiviamo e intratteniamo, in effetti, ogni lite non è che un tremulo lampo destinato a svanire in un attimo.
13 Avete altri progetti letterari per il futuro?

Nuove pubblicazioni?! Beh, per dirla tutta abbiamo davvero in cantiere diversi progetti, perché per chi come noi usa non solo idealmente la scrittura come una vera e propria valvola di sfogo, di solito, non c’è miglior medicina che entrare in un altro mondo e provare a creare e a sperimentare con costanza e assiduità, cercando così di rendere pratiche nuovi stimoli, nuove idee e comporre un buon libro. Stiamo infatti provando a portare avanti contemporaneamente il primo capitolo di una saga particolarissima sospesa tra il 2012 e l’Anno Mille, un’inconsueta “short novel” che ha per protagonista un soldato in licenza, una raccolta di “dark tales” e un’antologia di storie, miti e leggende che hanno per epicentro l’immaginaria isola di Gather Falls. Ma anche un’altra vicenda reale è venuta in qualche modo a cercarci. Dunque, vedremo proprio quale di queste rose fra poco fiorirà e sarà inevitabilmente consegnata a voi lettori …

14 Vorremmo chiudere questa intervista con una frase o un motto che possa descrivervi.

Bella domanda, perché, a dire il vero, non abbiamo mai pensato a un motto che rappresenti perfettamente le nostre personalità comunque diverse. Visto che proprio ce lo chiede, ora un piccolo sforzo lo facciamo davvero e congiuntamente. Diciamo pertanto d’acchito qualcosa come “L’unione fa la forza”, per quanto riguarda il comune impegno nella nostra attività letteraria. Aggiungiamo poi un impegnativo “Je maintiendrai”, “Io manterrò”, per quanto riguarda tutto quello che ancora concerne la piena realizzazione del sogno di Dell’Orto. E, dulcis in fundo, chiudiamo con un sentito e doveroso “Concilio et Labore”, “Saggezza e Fatica”, come proposito augurale per i nostri progetti futuri.”

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