“Ansia, paura, confusione: quando si incontra un nemico chiamato Covid”, il racconto toccante della giovane Rosaria

Cari amici

oggi voglio condividere con voi un racconto davvero toccate che parla di emozioni realmente vissute e di un evento di cui molti di noi hanno ancora paura: il tanto temuto contagio da covid.

Mancano pochi giorni a Natale e si avvicina finalmente il momento di partire per ritornare a casa e riabbracciare la propria famiglia.

Rosaria Verdino è un giovane donna, solare e intraprendente. E’ una “divoratrice ” di libri e ha una predisposizione naturale a scrivere, a giocare con le parole. Vive la vita ogni giorno con gioia e determinazione, nonostante sia lontana dalla famiglia e da Napoli per lavoro, seppur così giovane.

Ma l’arrivo di quella notizia riesce a bloccarla, confonderla, terrorizzarla.

Ecco il suo racconto, tremendamente reale e tristemente comune a molte, troppe persone:

“Un raffreddore che in altri tempi sarebbe stato “semplice” ma che ti insinua un dubbio, un tarlo. Hai paura.
Vai in farmacia, ti fai infilare un bastoncino su per il naso, pregando affinché sia solo una di linea a colorarsi. Ma poi l’infermiera trova il coraggio di guardarti.. e l’unica cosa che fa, e che può fare, è chiederti la tessera sanitaria:  ti inserirà sulla piattaforma. Ma nel frattempo tu sei caduta in un vortice di ansia e sensi di colpa: avrò infettato qualcuno? Quanti? Chi? Cosa succederà adesso? Cosa devo fare?
Hai paura.
Quarantena. Isolamento. Distanza. Contatti stretti.
Parole che si ripetono come un mantra da due anni. E allori torni a casa, a testa bassa, ti chiudi in stanza dove nel frattempo un kit di sopravvivenza ti è stato preparato da una mamma pienamente cosciente che poteva accadere ma che fino all’ultimo dice che non è possibile, si sarà sbagliato il tampone.
Piangi. Ma non puoi permettertelo in quel momento, devi avvisare le persone che hai incontrato negli ultimi giorni, devi rimanere lucida e non dimenticare nessuno.

Hai paura.
Ti butti sul letto e guardi il soffitto. Sei colpevole: dovevi stare più attenta, ora rischi tu e chissà a chi altro farai rischiare. Preghi: te li prendi tu tutti i sintomi in cambio nessuno deve stare male per colpa tua.
E poi i sintomi, uno per volta, arrivano tutti.. hai beccato il modello “full optional”.
“Sono vaccinata”, pensi. Passerà come un’influenza. Non è come all’inizio.
Inizi gli antibiotici, ti misuri la febbre costantemente e ti attacchi ad saturimetro sperando di non leggere mai un valore sotto i 94.
Hai paura.
Tua nonna ti chiama, non ti preoccupare  ti dice, lei sta pregando.
Tua mamma ti porta un barattolo di Nutella, è il suo modo per dirti “sono qui, dietro questa porta”. Lo apri, lo assaggi e… cazzo, non senti niente. Provi un biscotto, niente. Il pane, niente. Prosciutto, niente. Niente di niente. Ma hai il vizio del caffè, anche se non ne senti il sapore ne vuoi uno, ne hai bisogno. E si, quello lo senti: ne senti tutto il gusto.
Come è possibile? Che malattia è questa?
Un vassoio con il cibo ti attende fuori la porta.
Vai in bagno, armata di amuchina, con guanti e doppia mascherina. “Muoviti! Cerca di non tossire! Attenta a cosa tocchi!” “Avrò disinfettato bene?”

Hai paura.


Un “contatto stretto” ti manda un messaggio: “sono positiva anche io.” Ecchecazzo. L’hai infettata. Sei colpevole!
Hai paura.
Spegni la tv: aumento dei contagi, green pass, 3°dose, varianti e chiusure… basta non ne puoi più!
Ti mandano un articolo: un ragazzo, non molto lontano da te, viene trovato morto nel suo letto, era positivo. Proprio come te. Aveva 29 anni e ed era in ottima salute. Proprio come te. Allora si muore ancora. Come un anno fa.
Hai paura.
Stai male, fisicamente, mentalmente. Messaggi di conforto arrivano da chi ci è passato prima di te: “non ti preoccupare, i primi 3 giorni sono i più duri”. Non gli credi,  senti il petto in fiamme e la tosse ti fa quasi vomitare. Ti fa male dappertutto, anche alzare un bicchiere d’acqua è una fatica enorme.
Hai paura.
Hai terribilmente paura di questa “cosa” che ti sta succedendo.
Perché il covid, se decide di non farti troppo male è questo: è paura, accompagnato da un’influenza più pesante.


È terrorismo psicologico autoindotto: perché quando inizi a stare bene, quando a poco a poco riprendi le forze, sei sola in una stanza in cui il tempo passa molto lentamente e ti costringe a pensare tanto, troppo.
Sui social si susseguono foto e video di chi è nella tua stessa situazione. Solo che loro fanno sport, tik tok, si vestono e si truccano tutti i giorni, mentre tu sei buttata a letto tutto il giorno a ingozzarti di serie tv, alternando la tuta al pigiama. E ti chiedi cosa di sbagliato ci sia in te.
Quell’equilibrio tanto sottile che avevi finalmente ritrovato viene messo a dura prova: quasi chiami l’amichetta delle elementari e le chiedi scusa perché 20 anni prima non le avevi prestato il temperamatite.
A questo ti riduce il covid: a piangere all’improvviso perché il telecomando ti è scivolato dalle mani, al cuore in gola per ogni ambulanza che senti passare, all’ansia di tornare tra la gente, alla possibilità che chi ami può infettarsi, che tu stessa puoi infettarti ancora.
Ci vuole forza, molta forza per affrontare questa cosa che no, non è solo un’influenza
!

Collasso.


Gli ospedali rischiano il collasso.
Le asl sono al collasso: i tamponi sono troppi,  non c’è tempestività nelle risposte.
Anche il tuo sistema nervoso è al collasso, 23 giorni tappata in una stanza con i pensieri che non ti danno tregua.
L’esito, ci mette un po’, ma poi arriva.
“NEGATIVO”. 1 parola, 8 lettere: la libertà.
E la vita, anche se incasinata e difficile prima del covid, non ti è mai sembrata così bella.
Riscopri le piccole cose e no, non è una frase fatta. Abbracciare i propri cari, pranzare tutti insieme, rivedere un’amica, passeggiare al mare.. è tutto quello che facevi prima, ma oggi con una prospettiva nuova: conosci il valore di ogni momento.
Inoltre la malattia lascia strascichi e chissà per quanto tempo dovrai conviverci, è stata tosta ma è passata. Ti sembra finita, anche se sei consapevole che non lo è; ma hai bisogno di essere “positiva”, e questa volta va bene così.

Racconto di ROSARIA VERDINO

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