Intervista alla giornalista Monica Curino: “Lo spirito del Santa…”, il secondo viaggio letterario nella realtà solidale novarese

Cari lettori,

oggi voglio proporvi l’intervista a Monica Curino, giornalista e scrittrice novarese che ha da poco dato alle stampe il suo secondo libro, “Lo Spirito del Santa…C’era una volta e c’è ancora”.

Edito da Sdn Edizioni, il volume racconta emozioni, storie, ricordi e difficoltà vissute da vari protagonisti ospiti della Comunità Santa Lucia di Novara, dove l’autrice da tempo dedica il suo volontariato.

Nel 2015 Monica aveva esordito con il romanzo “Il Diario della Casa dei Girasoli” , ambientato nella vita sociale e solidale di Casa Alessia e di Alessia Mairati: questo era solo il primo di un lungo e articolato progetto che toccherà negli anni le realtà di altre associazioni e comunità, per dare valore a tutti i gesti spesso poco conosciuti che regalano ogni giorno sorrisi e speranze a persone in difficoltà nel novarese.

“Lo Spirito del Santa…” ha già raccolto successi tra i lettori novaresi e non ed è stato presentato in diverse occasioni a Novara, alla presenza di autorità ed esperti del settore.

La scrittrice opera nel campo del giornalismo da oltre 20 anni, si è laureata in Storia della Lingua italiana con Claudio Marazzini, attuale presidente dell’Accademia della Crusca e ha una passione profonda per la cantante Gianna Nannini.

Attualmente lavora per la testata novarese L’Azione, dove si occupa principalmente di cronaca.

  1. Ciao Monica, eccoci al tuo nuovo romanzo. Vuoi parlarci di “Lo Spirito della Santa”?

«“Lo Spirito del Santa.. C’era una volta e c’è ancora” è il mio secondo libro. Rientra nel progetto editoriale, nato nel 2015, de “La Novara del Bene”. Si tratta di una serie di volumi dedicati a far conoscere, scoprire e riscoprire, associazioni o istituzioni del volontariato e della solidarietà Novaresi che, ogni giorno dell’anno, si mettono in aiuto dei più deboli. Che siano persone in difficoltà economica, bambini con famiglie disagiate, ragazzi e persone diversamente abili, malati di Aids, bimbi senza famiglia o anche persone che soffrono di particolare tipologie. Realtà che presento e cerco di far conoscere con un romanzo dedicato, ma dove la storia o quanto fa l’associazione in questione sono, come dice la parola, ‘romanzati’. C’è una storia, che magari non è strettamente legata all’associazione, e, nel mezzo, ecco che affiora la vicenda dell’associazione o dell’Ente al centro del libro. Era stato così con “Il Diario della Casa dei Girasoli”, il primo libro della collana, uscito nel 2015, che raccontava, attraverso la reporter di cronaca nera Nina, di Casa Alessia e di Alessia Mairati. È successo altrettanto con “Lo Spirito del Santa…”. Dove torna ancora Nina, ma per breve tempo e poi sono protagonisti tanti ragazzi che ce l’hanno fatta.

  1. Ancora una volta si parla di volontariato; perché hai deciso di parlare di questa comunità?

«In verità questo libro è il libro che avrei voluto scrivere da sempre, sin da quando ho iniziato a pensare al progetto de “La Novara del Bene”. Anzi era il volume che avrei voluto scrivere sin da prima della nascita del progetto. Volevo aiutare la Comunità per Minori Santa Lucia, il “Santa”, come lo chiamano i ragazzi che qui sono accolti, ma mai avevo avuto tempo. Lo volevo fare magari offrendo qualche ora nella Comunità, che ha sede in via Azario 18, facendo fare i compiti ai ragazzi o parlando con loro. La maggior parte, adesso, sono minori stranieri non accompagnati. E quindi hanno un forte bisogno di imparare l’italiano. Facendo due chiacchiere con loro li si aiuta in questa direzione. Poi la nascita de “La Novara del Bene”, con la collana editoriale, una pagina Facebook molto consultata e una trasmissione tv su Onda Novara Tv, mi hanno dato l’appiglio per farlo. Dedicare loro un libro. Anche se certo non è stato facile. Un libro, sul “Santa Lucia”, già esisteva. Un volume storico realizzato da Maria Airoldi Tuniz. Il mio, pertanto, è un libro diverso, che racconta storie, storie positive, che vogliono dare speranza. Racconto di ragazzi che, partendo da presupposti molto difficili, perché senza genitori, perché con situazioni drammatiche a casa, transitando in Comunità, chi per poco tempo chi per tanto, sono ripartiti alla vita. E ce l’hanno fatta. Chi costruendosi una propria famiglia, chi affermandosi nella professione che avrebbero sempre voluto fare. Ho scelto il “Santa Lucia”, perché una realtà che amo da sempre e molto vicina alle mie sensibilità, al mio sentire.

3) Perché “del Santa” e non “della Santa”?

«“Del Santa” proprio perché, come ho detto poco fa, i tanti ragazzi passati nella struttura di via Azario chiamano la loro casa, famigliare e accogliente, “il Santa”. Da qui l’idea di intitolare il libro “Lo Spirito del Santa”. Lo Spirito rimandando allo Spirito che da oltre 4 secoli, la Comunità è nata il 2 aprile del 1599, aleggia in via Azario 18, tutelando i tanti bambini e i tanti ragazzi passati di qui. Uno Spirito che infonde forza e coraggio. E poi appunto “Del Santa” al maschile alludendo all’abbreviazione con cui i ragazzi chiamano la Casa».

4) Il volontariato impegna una parte importante del tuo tempo; perché è molto forte in te questo desiderio di aiutare gli altri?

«Non so dare una precisa ragione di perché mi coinvolga così tanto il volontariato. Qualcuno ha ipotizzato che, scrivendo io per tantissimi anni di cronaca nera e giudiziaria, forse questa scelta di dare spazio al Bene, al volontariato, alla solidarietà, sia stata una reazione al dover raccontare quotidianamente di rapine, di fatti di sangue e situazioni drammatiche. Un po’ penso possa essere stato così. Ma dall’altro lato mi è sempre piaciuto raccontare anche il positivo, le storie positive, le belle storie. Sin da quando ho iniziato il lavoro di giornalista 21 anni fa per la pagina della mia parrocchia, Sant’Agabio, a L’Azione. Anzi, spesso, mi è capitato di ‘lottare’ ai giornali nei quali ho collaborato per avere più spazio proprio per queste notizie. Perché in genere, soprattutto un tempo, si puntava soprattutto al nero, al sangue, ai fatti di cronaca. Per me, pur occupandomi di questi temi, occorreva dare il medesimo spazio anche al Bene, alla storia positiva. E a Novara e in provincia ne esistono tante. Il desiderio di aiutare gli altri, beh, l’ho sempre avuto. Ma col mio lavoro è un po’ difficile e allora ecco i libri per raccontare il volontariato e farlo conoscere».

5) Questo è il tuo secondo libro, come descriveresti la tua vita da scrittrice?

«Non mi definivo scrittrice dopo il primo libro, pur se pare che sia piaciuto molto (in verità io sono riuscita a trovar dei difetti…), e non riesco a definirmi tale neppure con il secondo, che, in tanti, dicono sia più riuscito e intimo, completo. E ricco di sfaccettature. Un libro, ho raccolto tra i vari feedback, che dà speranza. La mia vita da ‘scrittrice’ mi chiedi? Beh se la vita da scrittrice è quando il libro è quasi finito, direi che è molto intensa e caotica, come già quella da giornalista. Quando ho capito che c’ero quasi, che mancava poco a tirare le fila e chiudere “Lo Spiritello” del Santa, non ho più quasi dormito. Prima finivo il lavoro per il giornale, poi dal letto proseguivo il testo sul cellulare e lo incollavo nel file word del pc il giorno dopo. Certo poi parte il valzer delle presentazioni. E qui parte l’adrenalina del confrontarsi con il lettore, con le domande, io, perennemente, timida. Ma, per ora, pare, che me la stia cavando».

6) Come è stato accolto questo romanzo dal pubblico della tua città?

«Direi positivamente. Alle due presentazioni che sono state organizzate sinora (altre ce ne saranno in autunno, a Novara e nell’hinterland, si stanno programmando in questa caldissima estate) ha partecipato molta gente, che ha posto domande, si è incuriosita e ha acquistato il libro. Ovviamente, poi, devono leggerlo. “Lo Spirito del Santa” è in libreria (alle Paoline) e in tutte le librerie digitali da un due mesetti e i feedback che ho raccolto da chi l’ha già letto sono davvero qualcosa che non mi aspettavo. Molto positivi. C’è chi ha voluto fare la top ten delle storie raccontate (sì perché il romanzo ha una sua cornice, da cui si dipanano una decina di storie di ragazzi che ce l’hanno fatta, storie che partono e sono raccontate come fiabe, iniziano quasi tutte con ‘C’era una volta’), chi mi ha detto che è un libro da far leggere ai ragazzi, chi ha detto che è ricco di buoni sentimenti e che, in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo, dà speranza. Chi voleva sapere a tutti i costi, avendo partecipato a una delle presentazioni, quale fosse la sola storia inventata, scommettendo su quale fosse. E chi ha apprezzato la delicatezza nelle fiabe raccontate, di ragazzi che ne hanno davvero attraversato vere e proprie tempeste nella vita».

7) Ci vuoi dare qualche nome?

«Posso dire che c’è Arthur che è arrivato a giocare in un’importante squadra di Serie A, come anche Ginevra che, dopo tante difficoltà, ha deciso, da grande, di aiutare i ragazzi del Santa Lucia. E poi i miei due preferiti. O meglio nella mia top three, Rashid e Malik, che sono in un solo racconto. Poi ci sono Ombretta, Mabel, Betta, Viola. Tutte storie che, a volte, mi hanno reso difficile la scrittura, ma perché mi toccavano tanto. Erano dure da raccontare».

8) Come riesci a coniugare scrittura e lavoro?

«Semplice, non riesco.. O quantomeno lo faccio con, come dico io, salti mortali tripli e carpiati. Vero che anche la mia professione è fatta di scrittura, ma trovare il tempo tra un’intervista per il giornale, una corsa in una conferenza o in un fatto di cronaca e scrivere poi il mio libro è sempre molto difficile. Infatti, dal primo volume, sono passati 7 anni … Ora per il terzo sono sicura, perché ho già due idee, devo solo riprendermi da un’annata particolarmente tosta, ci metterò di meno. Speriamo».

9) Appuntamenti futuri per parlare del tuo romanzo?

«Sì ce ne sarà ancora qualcuno sicuramente. Forse un paio a Novara in autunno e non escludo nell’hinterland. E credo poi a dicembre a ridosso della festa di Santa Lucia, il 13 dicembre».

10) Progetti futuri?

«Sto già pensando al terzo libro della serie. Sì, perché, quando sette anni fa presentai il progetto in Provincia (da cui all’epoca ottenni il patrocinio), erano sei le realtà del Bene cui volevo dedicare un libro. Potrebbe essere il volume da dedicare a Casa Shalom, la casa alloggio che, a Ponzana di Casalino, accoglie e aiuta i malati di Aids, una realtà voluta fortemente da un grande sacerdote, don Dino Campiotti. Ma sto valutando, certo uno sarà per Casa Shalom. Ma c’erano altre 3 realtà. E poi, da qualche tempo, mi frulla in testa un libro che racconti la Polizia, quanto fa per la comunità, la Polizia empatica, quella che ho sempre potuto apprezzare e conoscere nei miei 21 anni di lavoro giornalistico e di stretto contatto con le Forze dell’Ordine. Tanto ormai tutti sanno che da ragazzina era ciò che avrei voluto fare da grande».

Intervista di Isa Voi

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