Intervista: “Lucia Bosè, l’ultimo ciak”, l’intensa biografia romanzata della giornalista Laura Avalle

Cari lettori,

ho avuto il piacere di conoscere Laura Avalle nel 2015 in occasione della presentazione del suo primo romanzo Le altre me; di lei mi colpirono la sua semplicità, la sua spigliatezza, la sua volontà di coinvolgere pienamente tutte le persone che erano venute quella sera per conoscere il suo libro, e il suo amore per le “parole” e il mondo della scrittura.

Negli anni successivi la scrittrice ha continuato il suo lavoro di giornalista professionista ed esperta di salute e benessere raggiungendo traguardi importanti, tra i quali l’ideazione dell’iniziativa #Faivolareunafiaba, conclusasi con la realizzazione del libro Il mostro con gli occhi rossi e altre storie (Morellini Editore, 2020).

Giovane madre e moglie del regista Davide Sordella, nel 2020 ha dato alle stampe il romanzo Il mito dell’eterna giovinezza – Il conflitto tra desiderio e realtà  edito da Armando Curcio Editore che, visto il successo riscosso, ha portato alla progettazione di un programma di informazione per la Web TV.

Laura Avalle ora si ripresenta e stupisce i suoi lettori con un’opera particolare, dedicata a una grande diva dei nostri tempi: Lucia Bosè.

Una biografia romanzata che ripercorre la vita brillante dell’attrice e modella, segnata anche da dolori e difficoltà, ma soprattutto dal coraggio femminile. L’artista, infatti, andando controcorrente si ritirò dalle scene per amore del famoso torero Dominguin, dal quale (già madre di Miguel Bosè) ebbe due figlie Paola e Lucia.

Con questa opera letteraria edita da Morellini Editore nella collana Femminile Singolare (diretta da Sara Rattaro), la giornalista ha voluto descrivere con un linguaggio travolgente e vivace la forza di una donna che non ha mai avuto paura di mostrarsi anticonformista, decisa, forte e spesso criticata per le sue scelte in un periodo storico dove esprimere liberamente se stessa, per una donna, voleva dire lottare.

“Lucia Bosè, l’ultimo ciak” regala pagine ricche di curiosità e particolari poco noti, sfumature dell’anima di una donna che non tutti sono riusciti a cogliere e soprattutto riflessioni sulla capacità di aprire la strada verso un’uguaglianza dei diritti di genere che ancora oggi fatica a concretizzarsi, soprattutto in alcuni paesi.

  • E’ appena stato dato alle stampe il suo libro dedicato alla vita della diva Lucia Bosè; da dove è nata l’idea di questa biografia romanzata?

«Sono stati l’editore Mauro Morellini e la direttrice di collana (Femminile Singolare) Sara Rattaro a chiedermi di scrivere questo libro. Eravamo in pieno lockdown e mio marito, il regista Davide Sordella, stava lavorando al documentario della divina Bosè. Un omaggio a una grande attrice e a una grande donna, che lui e Pablo Benedetti conoscevano bene. Insieme qualche anno prima, a firma K. Kosoof, avevano prodotto quello che sarebbe poi stato l’ultimo film di Lucia Bosè. Precisamente in Cile, nel deserto di Atacama, a 4mila metri di altezza».

  • Ci può parlare di questa sua nuova opera?

«“Lucia Bosè, L’ultimo ciak” è tratto dall’omonimo documentario di Sordella e Benedetti. Un’opera che, da giornalista quale sono, ho ampliato e approfondito attingendo anche da altre fonti. Con una precisazione: questo libro non è un saggio, ma una biografia romanzata: il narratore K. Kosoof (nome d’arte con cui Sordella e Benedetti firmano i loro film) è un personaggio di mia invenzione».

  • Mamma, giornalista, scrittrice: come riesce una giovane donna in carriera come lei a conciliare tutte queste cose?

«Grazie per la giovane, a dispetto delle mie 43 primavere (ride). Battute a parte, le assicuro che sono una donna normale come ce ne sono tante. Amo la mia famiglia, amo il mio lavoro di giornalista, amo scrivere libri e questo è quanto. Mi impegno a fondo, ogni singolo giorno, e spero di farlo bene».

  • Lei è molto legata ai valori tradizionali come la famiglia, i figli, il matrimonio; cosa ne pensa di tutte le riflessioni e discussioni nate negli ultimi tempi sulla proposta di nuove leggi che inevitabilmente incideranno sulla vecchia immagine e realtà di famiglia?

«La risposta è l’amore e l’amore, di qualunque colore sia, esige sempre rispetto».

  • Ha al suo attivo molti libri: quale è il libro al quale è particolarmente legata?

«Ho all’attivo due romanzi (“Le altre me” e “Il mito dell’eterna giovinezza – Il conflitto tra desiderio e realtà”), due saggi (“La dieta della camminata” e “Il manuale della corsa e della camminata in montagna”), due epistolari (“Vita, io ti aspetto” e “E l’allodola disse al gufo: “Io sono sveglia, e tu?”, scritto con Andrea G. Pinketts), un libro di poesie (“Gli ultrasuoni del cuore”), un breve romanzo di formazione (“Porri e Barbera”). A questi si aggiungono la biografia romanzata di Lucia Bosè e un saggio sulle RSA al tempo del Covid, in uscita a novembre. In totale 10 libri, di generi diversi. Sono legata a ognuno di loro, perché tutti mi hanno trasmesso belle emozioni e mi hanno insegnato tanto. Del resto scrivere è una palestra: ci vuole metodo, costanza, tenacia, studio. Tanto studio. E costa fatica. Il risultato che ottieni è direttamente proporzionale a quanto sei pronto a sacrificarti, come nello sport. Scrivere è il mio allenamento quotidiano, in ogni nuovo libro pubblicato cerco di spingere i miei limiti un po’ più in là».

  • Lei è partita da giovanissima dal suo paese per arrivare a Milano e intraprendere la carriera di giornalista; come è nato in lei l’amore per la scrittura?

«In prima elementare, quando ho imparato a scrivere. Ho capito che era quello che volevo fare “da grande”. È una cosa che ho sempre avuto dentro però: ricordo che avevo due anni e già ero una bambina molto comunicativa e fantasiosa che si dilettava  a inventare fiabe e canzoni sul momento».

  • E’ stato difficile durante la pandemia rimanere in contatto con i suoi lettori?

«Grazie alla pandemia, se così di può dire, è nata l’iniziativa editoriale #Faivolareunafiaba da me ideata e promossa dall’editore Mauro Morellini, che ha portato alla realizzazione del libro “Il mostro con gli occhi rossi e altre storie” di autori vari. Si tratta di una raccolta di fiabe e storie sul coronavirus, ideate durante il lockdown per cercare di spiegare ai bambini quello che stava succedendo. È stata un’esperienza bella e arricchente che, fra le altre cose, ci ha fatto sentire più vicini nonostante l’isolamento, e utili: i proventi sono stati devoluti a una fondazione milanese per bambini autistici».

  • Secondo lei, cosa vuol dire essere scrittrice oggi?

«Domanda complicata. Per quanto mi riguarda posso dirle che, da giornalista professionista quale sono, sento il dovere deontologico di instaurare con il lettore un rapporto di lealtà in tutti i miei scritti: che sia un articolo di giornale, o un libro di narrativa».

  • Come è il rapporto con i social?

«I Social richiedono tempo e io non ho molto tempo libero da dedicargli. Qualche post su Facebook, però, ogni tanto me lo concedo».

  • Quando ho avuto il piacere di conoscerla durante la presentazione del suo primo libro (Le altre me), lei era in compagnia del grande Solange, al quale era molto legata. Le manca molto? Che ricordi conserva di lui?

«Le altre me è il mio primo romanzo, non esattamente il mio primo libro perché ho cominciato a pubblicare nel 2011. A parte questa piccola ma doverosa precisazione, ricordo con gioia e nostalgia quel 27 novembre del 2015, quando c’è stata la presentazione del mio romanzo di esordio, nel prestigioso locale milanese The Beach. Una serata riuscita gremita di vip, di colleghi giornalisti, fotografi, amici. C’era anche lui, l’uomo della mia vita: il regista Davide Sordella che ho conosciuto proprio grazie a Le altre me, libro che mi ha portato tanta fortuna. E sì, in mezzo a tutte quelle meravigliose persone c’erano anche Solange e Andrea G. Pinketts, in veste di presentatori della serata insieme a Marco Bellavia. Non ci sono più, Solange e Pinketts: sono passati a miglior vita, come si usa dire in queste circostanze. Mi mancano moltissimo, di loro conservo ricordi che mi porterò sempre dentro. Pinketts, genio della letteratura, è stato, è e sempre sarà il mio maestro, mentre Solange era il mio confidente, con lui ho condiviso alcuni dei momenti più belli della mia vita».

  •  Progetti futuri?

«Adesso voglio concentrarmi e dedicarmi alla presentazione di “Lucia Bosè – L’ultimo ciak”. Lo merita il libro, lo merita l’omonimo documentario da cui è tratto. Lo merita soprattutto Lucia, una grande attrice e una grande donna: forte, indipendente, libera, una musa in anticipo sui tempi da prendere ad esempio in un momento storico come questo dove ancora, in alcuni Paesi del mondo, la figura della donna è oggetto di spregio e di discriminazione».

Per maggiori informazioni sul libro: https://www.morellinieditore.it/scheda-libro/laura-avalle/lucia-bose-9788862988612-579495.html

Intervista di Isa Voi

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