Monica Curino, da giornalista a scrittrice con il libro d’esordio “Il diario della casa dei girasoli”

curino monica

Isa Voi intervista…

E’ un grande nome del giornalismo novarese e, da poco, una scrittrice che col suo romanzo d’esordio sta spopolando in tutto il territorio Piemontese.

Monica Curino, nata a Novara, nonostante la sua giovane età è da anni giornalista professionista, specializzata in cronaca nera e giudiziaria; scrive per il Corriere di Novara e per OkNovara e ha un pallino marcato per il volontario, tanto che ha voluto imprimere le sue emozioni e le sue esperienze in questo campo col suo romanzo “Il diario della casa dei girasoli”. 

Ha da poco presentato la sua opera, oltre che in varie librerie, alla regione Piemonte insieme a Giovanni Mairati, presidente dell’Associazione benefica Casa Alessia.

L’abbiamo intervistata e abbiamo scoperto che, oltre a essere una professionista eccezionale, è anche una persona dalle mille qualità e dal carattere davvero positivo.

  • Parlaci del tuo libro d’esordio…

Si intitola “Il Diario della Casa dei Girasoli” e vede intrecciarsi più storie, quella di una giornalista di cronaca nera, Nina, che da sempre vorrebbe impegnarsi in qualche attività di volontariato a favore dei bambini in difficoltà, e quella di un’associazione della sua città, mai prima incontrata, che porta aiuto a tantissimi orfanelli in giro per il mondo, ma anche a Novara e in Italia. Protagoniste della storia sono sicuramente Nina, la piccola Arianna, che porterà la reporter a scoprire cosa sta dietro a tante magliette gialle con il simbolo di una casetta con il girasole (il logo dell’associazione al centro del volume) e Alessia, una giovane scomparsa a soli 17 anni, il sole attorno a cui gira l’intera associazione che da lei prende il nome, Casa Alessia, e che dal suo sogno, aiutare i bambini che soffrono la fame e la povertà, realizza importanti progetti. Diversi i sogni che si concretizzeranno nel libro. Il tutto nel nome della solidarietà, del Bene, dell’aiutare il prossimo. Il libro è il primo volume di un progetto più ampio, “La Novara del Bene”, con cui voglio far conoscere a un pubblico più ampio possibile le storie di tante associazioni di volontariato attive nella mia provincia, Novara. In ogni libro parlerò di una realtà del Bene del Novarese.

Con Giovanni Mairati

 

  • Da giornalista a scrittrice: come hai vissuto questo passaggio?

 

Non è stato sicuramente un passaggio facile. All’inizio ho forse sottovalutato l’impegno che prevedeva la stesura di un libro, pensando semplicemente di scriverlo, allungando quanto già normalmente scrivevo, per il volontariato, nei miei articoli di giornale. Mi sono subito accorta che non era così, che ci voleva un altro piglio, un altro modo. L’ho cercato per qualche giorno e poi mi sono affidata un po’ all’intuito, scrivendo di getto quanto mi veniva in mente, la storia, che, man mano, si delineava, prendeva forma. I primi giorni sono andata un po’ a rilento, poi… mi hanno dovuto quasi fermare, continuavo a scrivere, anche 10 pagine al giorno. Avevo scritto davvero tantissime pagine all’inizio. Poi, ovviamente, si è passati alla rilettura e all’editing e moltissime pagine sono state tagliate, ma il risultato, devo dire, che sembra essere piaciuto. Chi ha letto il libro dice che è proprio un modo diretto di scrivere, ben leggibile e che rispecchia molto anche il mio stesso modo di parlare, di pormi. Non lo so, ma, se fossi riuscita a scriverlo davvero così, sono contenta. Non mi son messa troppi filtri, ho scritto, ho voluto scrivere cosa mi ha dato Casa Alessia nelle interviste, negli incontri che ho avuto per scrivere il libro: in tutto emergeva un grande cuore e questo ho provato a far emergere nelle 188 pagine del volume. Spero di esserci riuscita.

 

  • Perché hai scelto di raccontare una realtà così delicata?

 

La scelta di raccontare di Casa Alessia e, soprattutto, di Alessia, una ragazza partita alla volta dell’Ecuador per un anno di scuola lontana dall’Italia e che, in quei mesi, cresce e matura quello che vorrà fare da grande (aiutare i meno fortunati), è stata quasi istantanea. Volevo scrivere di storie belle, di storie positive. Nei miei 15 anni di lavoro giornalistico, mi sono imbattuta in tante di queste storie e il pensiero è subito caduto sulla storia di Alessia e sull’associazione creata dal suo papà qualche anno dopo la morte della giovane. Un po’ perché quella storia l’ho seguita e vissuta con forza. Già facevo questo lavoro (era il 2004) e quella notizia giunta dall’Ecuador della morte di una giovane di 17 anni e della sua mamma mi colpì profondamente. Conoscevo poi molto bene papà Giovanni e, così, pensando da quale partire delle tante associazioni che conosco, o che voglio conoscere con la stesura di questi libri, immediatamente ho pensato a Casa Alessia.

  • Come riesci a conciliare i tuoi impegni al giornale e di scrittura con la tua vita privata?


Una sola parola: inconciliabili, salvo salti mortali carpiati e quadrupli. Praticamente sono sempre sul pc, salvo pochissimi istanti.

  • Il libro che avresti voluto scrivere…

Tanti. Difficile scegliere un titolo. Forse qualche libro d’avventura, di quelli che ‘trangugiavo’ tutti d’un fiato quando ero ragazzina. Amo tanto l’avventura e i gialli (Agatha Christie e Conan Doyle su tutti, ma non solo). Non so, però, se sarei in grado di scrivere un giallo, pur scrivendo di ‘nera’ per i giornali per cui lavoro. E poi amo le storie belle, quelle che raccontano di persone che ce l’hanno fatta, pur tra mille difficoltà, dopo qualche situazione che li ha bloccati. Lo cerco di fare nei miei pezzi e spero di farlo, ancora per molto, con questi libri del progetto. Al momento se ne prevedono altri cinque, ma, se riuscissi, vorrei allungare la lista. Sono davvero molte le realtà che meritano questo aiuto, queste farle conoscere, raccogliendo anche fondi per le loro attività.

  • Come descriveresti la realtà cultura novarese in questo momento?

In movimento e fervida. Ci sono tanti giovani che hanno idee originali. Occorrerebbe, però, che si puntasse maggiormente su questi ragazzi… E non solo su loro.


  • Il modello di giornalismo al quale ti ispiri..

Se con modello si intende qualche giornalista celebre e apprezzato, qualsiasi nome dicessi, sembrerebbe, forse, un ‘tirarsela’. A me è sempre piaciuto Enzo Biagi, ma amo anche altri giornalisti e giornaliste, da Enrico Mentana (quando leggevo i tg in tv mi dicevano che correvo come lui e che, come lui, riuscivo comunque a farmi capire. Chissà… son molto critica con me e non so se fosse vero, lo spero) a Gabriella Simoni, impegnata spesso nei ‘teatri’ più caldi del mondo, da Tiziano Terzani a Indro Montanelli. Poi ho i miei ‘guru’ locali e loro sanno che li stimo e molto. I consigli li chiedo a loro ovviamente, a uno in particolare. Io cerco solo di essere il più possibile obiettiva e di far arrivare la notizia così come deve essere, libera da pregiudizi o preconcetti di qualsiasi genere. E’ il lettore che, leggendo una notizia, un articolo, dovrà farsi un’idea sull’accaduto. Voglio informare in modo giusto, senza porre dentro le mie idee. Il cuore, beh, quello sì, soprattutto quando si scrive di volontariato.

  • Monica Curino da piccola…

Una piccola grande peste. Mi arrampicavo ovunque, dai cancelli di casa agli alberi. Mi scatenavo in bicicletta, amavo i Lego e giocavo a calcio, anziché con le bambole, a parte quando distruggevo la casa di Barbie insieme a un’amica, per usare le colonne come spade e fare Lady Oscar in duello con qualcuno. Un maschiaccio insomma.

  • Come ti vedi tra 10 anni…

Spero come ora. Magari con qualche pargolo, se Dio vorrà, altrimenti mi auguro circondata dai miei amici, quelli veri. Certo tra 10 anni sarà una data un po’ importante. Speriamo di arrivarci bene.

  • Il lato più bello del tuo carattere…

Lo dovrebbero dire gli altri. Forse il fatto che ci sia sempre per tutti, anche quando avrei poco tempo o quando son a pezzettini.

  • E quello meno simpatico?

Forse il nervosismo, l’ansia o il farsi sempre mille domande.

  • Quale libro hai in questo momento sul comodino?

Il gioco di Ripper” di Isabel Allende, ma non son riuscita ancora a iniziarlo, complice gli impegni.

  • Cosa consiglieresti a un giovane che vuole intraprendere la strada del giornalismo?

La strada non è affatto semplice ed è un lavoro dove, spesso, fai tanta fatica, ma i guadagni non sono quello che meriti. Dico di iniziare dalla ‘strada’, dal raccontare quello che vede nella sua realtà quotidiana. Di camminare tanto, chiedere, fare domande, rovinare suole e chiedere, cercare, mai fermarsi davanti a delle risposte che non sono risposte, indagare, andare a fondo nelle cose. Questo sarà un vero giornalista. Si parte dalla strada, dal proprio quartiere.

  • Progetti futuri?

Progetti futuri? Il secondo volume de La Novara del Bene, che sarà dedicato alla Comunità per Minori Santa Lucia, realtà che a Novara è presente dal 1599 e una serie di biografie di donne di Novara, impegnate nel sociale e non solo.

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